Sono Brescia, Milano e Palermo, oltre alla Corte dei Conti per l’Emilia Romagna, le Marche e l’Abruzzo, i sei tribunali che hanno accolto i ricorsi presentati dai pensionati che contestano la costituzionalità del decreto Poletti. Secondo i ricorrenti il decreto sarebbe in contrasto con quanto già espresso dalla Consulta che aveva dichiarato l’incostituzionalità del blocco rivalutazione della pensione per gli anni 2012 e 2013 operato dalla Riforma Fornero.
“Affrontare nel suo complesso la riforma delle pensioni richiede che sia risolto anche il problema legato agli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 70/2015 che ha ritenuto illegittimo il blocco rivalutativo delle pensioni introdotto con la Riforma Fornero. Solo riconoscendo l’illegittimità costituzionale del decreto Poletti del luglio 2015 e quindi restituendo ai 6 milioni di pensionati coinvolti quanto loro dovuto di diritto si possono creare le condizioni per una serena discussione su come fronteggiare la sostenibilità della previdenza italiana”. E’ questo l’auspicio che le associazioni UNPIT (Unione Nazionale Pensionati per l’Italia), ANPS (Associazione Nazionale Polizia di Stato), ANFOR (Associazione Nazionale Forestali) e SIULP Pensionati, tutte aderenti al progetto Rimborsopensioni.it. A supporto degli oltre 6 milioni di pensionati in attesa di rimborso, l’iniziativa ha già presentatoquasi 7 mila ricorsi in tutta Italia e sta preparando una nuova ondata di ricorsi collettivi, cui sarà possibile aderire fino al 15 luglio.
La questione, come noto, riguarda i pensionati che percepivano una prestazione superiore a tre volte il trattamento minimo inps nel 2011 o nel 2012 (circa 1.450 euro lordi ovvero 1.100 euro netti al mese) e, pertanto, non hanno ottenuto la rivalutazione del reddito pensionistico a causa della legge Fornero nel biennio 2012-2013. La corte Costituzionale nel maggio 2015 ha dichiarato, tuttavia, l’incostituzionalità di tale norma ripristinando, pertanto, il diritto ad una piena rivalutazione degli assegni pensionistici. Un effetto però in buona parte vanificato dal Governo che, con il decreto legge 65/2015, ha riconosciuto una rivalutazione solo parziale dei trattamenti tra le tre e le sei volte il minimo e ha riconfermato il blocco totale della perequazione per gli importi superiori a 6 volte il minimo. “Grazie alla decisione di quattro tribunali italiani la Corte Costituzionale si esprimerà una seconda volta su una questione che era già stata definita. Si tratta comunque di un’ottima notizia per i pensionati italiani” commenta Silvia Malandrin di Rimborsopensioni.it.
Il blocco della rivalutazione, è bene ricordarlo, è subdolo in quanto non interessa solo le annualità in cui è scattato il blocco, cioè gli anni 2012 e 2013, ma si trascina in modo strutturale in tutti gli anni successivi in cui il pensionato percepisce l’assegno. Il blocco della rivalutazione riduce, infatti, la base del rateo pensionistico su cui ogni anno si applica la perequazione dell’assegno e, pertanto, l’importo messo in pagamento risulta ogni anno inferiore anche di migliaia di euro (per gli importi più elevati) rispetto al dovuto.