Per colpa di una restrizione dell’Inps migliaia di lavoratrici che fino ad oggi beneficiavano della legge Maroni del 2004 rischiano di dover rimandare la pensione di diversi anni. Com’è noto, infatti l’articolo 1, comma 9 della legge 243/04 consente alle donne con 57 anni e 35 anni di anzianità (58 per le lavoratrici autonome) di andare in pensione entro il 2015 optando per il sistema di calcolo contributivo, con un assegno di pensione ridotto di circa il 25-30%. Possibilità che è stata confermata anche dalla Fornero nel 2011 rimanendo quindi l’unica vera alternativa per ottenere un anticipo sull’età pensionabile.
Ma l’Inps ed il Ministero del Lavoro si sono messi subito di traverso con una interpretazione del tutto opinabile: per fruire del beneficio infatti, dice la Circolare Inps 35/2012, entro la data del 31.12.2015 deve essersi aperta la finestra mobile (12 mesi per le dipendenti, 18 per le autonome) a cui aggiungere anche la speranza di vita (3 mesi dal 2013). Una precisazione che nei fatti taglia fuori chi compirà i 57 anni da settembre di quest’anno (30 settembre per il pubblico impiego); mentre le autonome già sono state escluse da un pezzo per via di una finestra piu’ lunga, pari a 18 mesi per l’appunto.
A nulla sono servite le pressioni del Parlamento per una modifica della Circolare, nè ad oggi si sono concretizzate le ipotesi di una estensione del regime sino al 2018 come paventate dal governo nelle settimane scorse. Quindi la tagliola è in procinto di scattare.
Il paradosso è tuttavia che il provvedimento dell’Inps rischia di essere illegittimo in quanto la legge istitutiva non menziona la finestra mobile. La legge si limita ad indicare solo che, alla data del 31.12.2015, siano perfezionati i requisiti. Per questa ragione, se la norma non sarà rivista “d’ufficio” dall’Inps, i patronati minacciano di aprire centinaia di ricorsi già da settembre, quando le lavoratrici si vedranno respingere la domanda di pensione dall’istituto.
FONTE: Pensioni Oggi (www.pensionioggi.it)
AUTORE: Davide Grasso