Pensioni, Rivalutazione degli assegni più generosa dal 2019? Scade quest’anno la disciplina transitoria prevista dalla Finanziaria del Governo Letta: ecco cosa accadrà l’anno prossimo.
Dal prossimo 1° gennaio 2019 i pensionati vedranno ripartire in misura piena la rivalutazione dei trattamenti pensionistici. Scade infatti il 31 dicembre 2018 la disciplina transitoria introdotta dalla legge 147/2013 a partire dal 1° gennaio 2014 (dopo il blocco totale della perequazione stabilito dalla Legge Fornero per gli anni 2012 e 2013) che ha compresso la rivalutazione dei trattamenti pensionistici. La disciplina tarata dal Governo Letta con la finanziaria 2014 doveva in origine durare sino al 31 dicembre 2016 ma è stata prorogata di un biennio con la legge di bilancio per il 2016 dal Governo Renzi per finanziare alcune misure in materia previdenziale, in particolare la proroga dell’opzione donna sino al 2015. Si tratta di una notizia positiva.
Attualmente secondo quanto recita l’articolo 1, comma 483 della legge 147/2013 dal 2014 al 2018 i trattamenti pensionistici erogati dall’Inps sono stati rivalutati del 100% se di importo fino a 3 volte il trattamento minimo INPS, del 95% i trattamenti pensionistici superiori a 3 volte (1.505,67 euro), del 75% i trattamenti superiori a 4 volte (2.007,56 euro), del 50% quelli superiori a 5 volte il trattamento minimo (2.509,45 euro) e nella misura del 45%, per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS (3.011,34 euro).
La fine del periodo transitorio
Dal prossimo anno, con la scadenza del periodo transitorio, le pensioni torneranno ad essere indicizzate all’inflazione secondo la disciplina antecedente alla Riforma Fornero contenuta nella legge 388/2000. La disposizione da ultimo richiamata aveva suddiviso – a partire dal 1° gennaio 2001 – la perequazione in tre fasce all’interno del trattamento pensionistico complessivo e l’adeguamento veniva concesso in misura piena, cioè al 100% per le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo; scendeva al 90% per le fasce di importo comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo; e ancora calava al 75% per i trattamenti superiori a cinque volte il minimo. Dal prossimo anno, quindi, saranno i trattamenti superiori a quattro volte il minimo Inps a trarne il maggior beneficio. Anche in vista della ripresa dell’inflazione che quest’anno è salita dell’1,1% dopo un lungo periodo di stagnazione.
Il ritorno agli scaglioni d’importo
Con ritorno al passato verrà ripristinato anche il sistema che vede l’applicazione della rivalutazione su fasce d’importo e non più a scaglioni singoli di importo uno stratagemma tecnico, introdotto sempre con la legge 147/2013, che determina una ulteriore perdita lieve di valore dell’assegno nel tempo. Attualmente, infatti, un assegno di 1600 euro lordi al mese viene rivalutato in misura unica pari al 95% dell’importo dell’inflazione. Ad esempio se l’inflazione è pari all’1% l’assegno, con le regole attuali, subisce un incremento di 15,2 € annui (1600 x 1% x 0,95). Con il sistema a fasce di importo l’assegno verrà rivalutato in misura piena sino a tre volte il trattamento minimo inps e misura pari al 90% dell’inflazione per la parte eccedente il precedente scaglione d’importo, portando così in dote al pensionato una piccola somma in più sull’assegno (1500 x 1% + (1600-1500) x 1% x 0,90= 15,90€).