Parità di genere nel linguaggio istituzionaleIl Senato ha respinto l’emendamento che prevedeva la parità di genere nel linguaggio istituzionale e negli atti ufficiali.


Parità di genere linguaggio istituzionale: il Senato ha respinto l’emendamento della senatrice del Movimento 5 Stelle, Alessandra Maiorino, che puntava a introdurre “l’utilizzo di un linguaggio inclusivo” nel linguaggio istituzionale e negli atti ufficiali.

Ecco cosa diceva la proposta e le reazioni della bocciatura.

Parità di genere linguaggio istituzionale: il contenuto dell’emendamento

L’emendamento diceva che

“il Consiglio di presidenza stabilisce i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l’adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l’utilizzo di un unico genere nell’identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne”.

La votazione è stata fatta mediante scrutinio segreto e ha ottenuto 152 voti favorevoli, 60 contrari e 16 astenuti. Per essere approvata, la modifica doveva ottenere almeno 161 voti favorevoli.

L’emendamento Morino era stato presentato all’interno della Riforma del Regolamento, che è in discussione in questi giorni al Senato. Una discussione resa necessaria dopo la riduzione dei parlamentari.

Se fosse passato l’emendamento, negli atti ufficiali del Senato si sarebbe dovuto scrivere, ad esempio:

“i senatori e le senatrici presenti”

e non solo “i senatori presenti”, com’è stato finora e come, a quanto pare, sarà anche in futuro.

L’emendamento puntava al superamento del maschile sovraesteso, ovvero quando viene usato il maschile come presunto neutro, anche se ci si riferisce ad una platea mista, con l’obiettivo di aumentare la parità tra i sessi. 

Parità di genere linguaggio istituzionale: le reazioni politiche dopo il voto

Parità di genere nel linguaggio istituzionaleIn una nota, i parlamentari e le parlamentari del Movimento 5 Stelle del gruppo Pari Opportunità hanno commentato:

“Al Senato oggi si è persa una grande occasione per rendere inclusivo e paritario il linguaggio istituzionale con la mancata approvazione dell’emendamento Maiorino al regolamento che aveva lo scopo di aprire all’uso della distinzione di genere nel linguaggio delle comunicazioni istituzionali e nel Regolamento. FdI lo ha ritenuto una questione ‘etica e di coscienza’, chiedendo il voto segreto che la presidente Casellati ha prontamente concesso. È evidente la misoginia di chi ha votato contro rifiutando l’utilizzo del femminile e confermando così l’imposizione del solo maschile. Una vergogna a cui si dovrà porre rimedio nella prossima legislatura”.

La senatrice del PD, Valeria Valente, presidente della commissione Femminicidio, ha detto:

“Ciò che è avvenuto oggi al Senato è gravissimo. Fratelli d’Italia con la complicità di tutta la destra ha manifestato cosa pensa del ruolo delle donne nella società, chiedendo il voto segreto sull’emendamento che avrebbe consentito di utilizzare la differenza di genere nel linguaggio ufficiale di un’istituzione importante come Palazzo Madama. I nodi vengono al pettine. Il linguaggio è un fattore fondamentale di parità”.

Fratelli d’Italia, al contrario, ha detto:

“Fratelli d’Italia è l’unico grande partito della storia d’Italia ad essere guidato da una donna, e oltre a lei annovera molte donne in ruoli di spicco. Così si dimostra attenzione all’apporto femminile nel mondo delle istituzioni. Non con norme-manifesto ideologiche da campagna elettorale. Ci siamo astenuti sull’emendamento Maiorino sul cosiddetto ‘linguaggio di genere’ perché riteniamo che l’evoluzione del linguaggio non si faccia per legge o per regolamento, ma attraverso l’evoluzione del modo di pensare e parlare dei popoli”.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it