Le Amministrazioni pubbliche potranno collocare in quiescenza forzosa il dipendente al perfezionamento della massima anzianità contributiva anche prima del 62° anno di età. Ma sino al 2017.
Confermata anche quest’anno la possibilità per le pubbliche amministrazioni di far ricorso alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti dei dipendenti che abbiano già maturato i 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi le donne), ovvero il diritto alla pensione anticipata.
L’articolo 1, comma 5, del dl 90/2014 (riforma Madia) ha infatti previsto che le amministrazioni pubbliche possono attivare la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti del personale soggetto alla nuova disciplina pensionistica, quando detto personale abbia acquisito il requisito contributivo per la pensione anticipata (per il triennio 2016-2018 pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), a condizione che dipendente non abbia un’età anagrafica che possa farlo incorrere in penalizzazioni sull’importo della pensione.
Dato che la legge di stabilita’ 2015 (articolo 1, comma 113 della legge 190/2014) ha congelato – sino al 31 dicembre 2017 – l’applicazione della penalizzazione, cioè quel taglio dell’1-2% sulle quote retributive della pensione per coloro che accedono con meno di 62 anni, la facoltà di recesso della Pa può essere esercitata, quest’anno, anche prima che il lavoratore abbia maturato il 62° anno di età.
Resta inteso che la risoluzione facoltativa del rapporto di lavoro deve seguire un preciso iter. In particolare la facoltà in parola può essere esercitata con un preavviso di sei mesi con decisione motivata, esplicitando i criteri della scelta e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi della Pa. Lo strumento è stato introdotto con l’obiettivo di sbloccare il turn-over e di svecchiare le pubbliche amministrazioni ma in realtà è rimasto isolato in un panorama di misure contrastanti, l’ultima con il blocco delle percentuali di turn-over, che certamente non agevola il ricambio generazionale all’interno degli enti pubblici.
La facoltà di risoluzione in questione può essere esercitata anche nei confronti del personale che abbia maturato i 40 anni di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2011 nonchè del personale che sia stato riammesso in servizio con sentenza del giudice ordinario ai sensi dell’articolo 3, comma 57 della legge 350/2003.
Da segnalare che la risoluzione facoltativa del rapporto di lavoro al compimento della massima anzianità contributiva, invece, non si può applicare al personale di magistratura, ai professori universitari e ai responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale, nonchè al personale del comparto difesa e sicurezza i quali continueranno ad essere collocati in quiescenza solo al perfezionamento dell’età massima per la permanenza in servizio per la propria qualifica salvo l’eventuale trattenimento in servizio (ove ancora applicabile), mentre si applica, non prima del raggiungimento del sessantacinquesimo anno di eta’, ai dirigenti medici e del ruolo sanitario.