Una recente sentenza del TAR dell’Abruzzo, analizzata dall’Avv. Renzo Cavadi, si occupa di occupazione sine titulo di terreni da parte della Pubblica amministrazione e applicazione dei principi civilistici in materia di obbligazioni alternative.
La richiesta del privato volta alla restituzione del terreno, previa riduzione dello stato detenuto sine titulo, deve essere qualificata non come azione di rivendica, bensì come azione di rilascio per scadenza del termine di occupazione illegittima e omessa adozione del decreto di esproprio, considerato che il Comune non oppone un suo titolo di proprietà dei suoli occupati, né in via di azione né in via di eccezione.
Occupazione sine titulo di terreni da parte della Pubblica amministrazione
La P.A. che ha occupato un suolo privato per realizzarvi un’opera pubblica, senza concludere il procedimento espropriativo, né corrispondere il dovuto indennizzo, è tenuta o a restituirlo, o ad acquisirlo nei modi di legge (transazione, cessione volontaria, acquisizione sanante), perché versa in una condizione di illecito permanente che è tenuta a rimuovere.
Sulla base di tali considerazioni, il T.A.R. ABRUZZO, con sentenza del 9 marzo 2023 n. 124 (Est. M. Calagrande), si è soffermato su una fattispecie di occupazione illegittima di un terreno da parte della P.A., richiamando con originale motivazione, i princìpi civilistici espressi dal codice in materia di obbligazioni alternative.
Il caso è di particolare interesse, perché permette di mettere a fuoco una delle diverse problematiche che abbracciano la complessa materia dell’urbanistica ed in particolare delle espropriazioni, da sempre settore nevralgico e di grande attualità nel diritto amministrativo.
La vicenda da cui è scaturito il contenzioso e il successivo ricorso al TAR ABRUZZO
L’amministrazione comunale aveva occupato illegittimamente un terreno per la realizzazione di un parco attrezzato e di un campo sportivo con annessi spogliatoi, e altre strutture.
I ricorrenti agivano in qualità di comproprietari del terreno, chiedendo preliminarmente la restituzione previa riduzione del ripristino stato detenuto sine titulo. In subordine, chiedevano la condanna dell’amministrazione resistente al risarcimento dei danni per equivalente, nell’ipotesi di eventuale opposizione da parte del Comune ovvero in alternativa, in caso di richiesta di acquisizione ai sensi dell’articolo 42 bis del DPR n. 327 dell’8 giugno 2001 (c.d. Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità)
In ogni caso parte ricorrente nel ricorso introduttivo chiedeva altresì la condanna al risarcimento dei danni per la protratta occupazione.
Si costituiva per tutta risposta l’amministrazione comunale la quale, dal canto suo, contestava la titolarità del diritto di proprietà per mancanza di prova ed in particolare “per non avere i ricorrenti provato di essere proprietari”. La stessa amministrazione comunale eccepiva nelle sue difese anche la prescrizione del diritto dei ricorrenti.
L’interessante motivazione espressa dai giudici amministrativi alla luce dei principi civilistici in materia di obbligazioni alternative
Il T.A.R. ABRUZZO, con la decisione in commento, articola le proprie motivazioni argomentative sulla base delle seguenti interessanti considerazioni.
In via preliminare i giudici amministrativi, sottolineano come l’azione promossa da parte del ricorrente, va qualificata non come azione di rivendica bensì come azione di rilascio “per scadenza del termine di occupazione illegittima e omessa adozione del pedissequo decreto di esproprio” considerato che l’amministrazione comunale resistente, non ha contestato l’occupazione ed in tal senso “non oppone un suo titolo di proprietà dei suoli occupati né in via di azione né in via di eccezione”.
Ciò premesso il Collegio Amministrativo, partendo dal presupposto che l’azione richiesta dai comproprietari assume la natura giuridica di azione di rilascio (e non di rivendica che come tale, avrebbe invece “richiesto la prova rigorosa di un titolo originario della proprietà”), richiamando la costante giurisprudenza civile (Cass. Civ. Sez. II, 18.03.2019 n. 7567) ricorda che “la prova della titolarità dei suoli occupati può essere data anche per via presuntiva, sulla base delle risultanze catastali”
I giudici del T.A.R. ABRUZZO, in riferimento all’eccezione di prescrizione sollevata dall’amministrazione resistente sottolineano che il diritto di proprietà, in cui ha titolo la domanda di restituzione, non è soggetto a prescrizione (trovandosi il Comune resistente in una condizione di illecito duraturo che ex lege è tenuta a eliminare). Così come afferma da tempo la giurisprudenza amministrativa (Cons. di Stato, sez. IV, 26/3/2013, n. 1713, T.A.R. Puglia n. 382/2015 e n. 565/2015), “la Pubblica amministrazione che ha occupato un suolo privato per realizzarvi un’opera pubblica, senza concludere il procedimento espropriativo, né corrispondere il dovuto indennizzo, è tenuta o a restituirlo, o ad acquisirlo nei modi di legge (transazione, cessione volontaria, acquisizione sanante), perché versa in una condizione di illecito permanente che è tenuta a rimuovere”.
Pertanto, in relazione a quanto prevede l’articolo 42 bis del D.R.R. n. 327 del 2001 il quale dispone espressamente che “l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi d’interesse pubblico”, per legge, è “tenuta ad eseguire a sua discrezione, l’uno o l’altro adempimento (restituzione o acquisizione), deve assegnarsi al Comune un termine entro il quale decidere se acquisire o meno l’area”.
I giudici del T.A.R. ABRUZZO a conferma del ragionamento espresso, in omaggio ai principi civilistici che governano il diritto privato (ed in particolare ai sensi dell’articolo 1287 del codice civile che disciplina l’adempimento delle obbligazioni alternative, a norma del quale “Quando il debitore, condannato alternativamente a due prestazioni, non ne esegue alcuna nel termine assegnatogli dal giudice, la scelta spetta al creditore”) sottolineano che, “decorso il termine assegnato per la scelta fra la restituzione o l’acquisizione dell’area senza che il Comune abbia scelto fra l’una o l’altra obbligazione, l’area dovrà essere restituita al ricorrente previa riduzione in pristino stato”.
Inoltre, in relazione al motivo di ricorso formulato da parte ricorrente e concernente la richiesta di risarcimento dei danni procurati dall’occupazione sine titulo (sulla quale il Collegio Amministrativo deve pronunciarsi, per l’ipotesi in cui il Comune non intenda optare per l’acquisizione del terreno ai sensi dell’art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001),“può prescindersi dall’eccezione di prescrizione, perché nel ricorso e nei documenti prodotti dalla parte ricorrente non sono rinvenibili elementi probatori utili a stimare il danno subito”. Per i giudici del T.A.R. ABRUZZO, i quali oltretutto richiamano opportuna giurisprudenza sul punto (Cass. civile sez. II, 29/05/2020, n.10323; Cons. di Stato sez. IV, 23/07/2020, n.4709), “Se infatti è pacifico che la privazione della disponibilità di un bene costituisce un danno immediato perché ne sottrae il godimento al titolare, nondimeno, al fine di quantificarne l’ammontare, è necessario che il danneggiato alleghi almeno un principio di prova sulla base del quale stimare, anche in via equitativa, la perdita economica subita”.
Il T.A.R. ABRUZZO pertanto, pur respingendo la domanda di risarcimento dei danni da occupazione illegittima, accoglie nella sostanza il ricorso, e ordina all’amministrazione resistente, di provvedere ad acquisire il terreno ex art. 42 bis del DPR n. 327 del 2001, oppure a restituirlo previa rimozione delle opere nel tempo realizzate.
Alla luce delle considerazioni espresse dal Collegio Amministrativo, nella fattispecie in oggetto, se il Comune non opta tra restituzione e acquisizione dell’area occupata, questa per legge, dovrà coattivamente essere restituita alla parte ricorrente, la quale, nelle proprie doglianze sollevate di fronte al Tribunale Amministrativo competente, ha chiesto la restituzione del terreno.