Anche l’attuale numero uno dell’Inps, il commissario Vittorio Conti, ritiene verosimile l’introduzione di criteri di flessibilità nell’uscita dal mondo del lavoro. Conti, intervenendo ad un seminario, si è detto convinto di come la struttura di riferimento del sistema previdenziale pubblico debba essere “più flessibile in merito a tempi e modi di uscita dal mercato del lavoro”. Occorre flessibilità sull’exit strategy lavorativa: previdenza per i giovani a rischio
Ciò significa, ha aggiunto, che non è più immaginabile stabilire una data di entrata in pensione uguale per tutti. In sostanza, ha spiegato, sarebbe opportuno concedere ai lavoratori la possibilità, raggiunta una certa quota di contributi, di decidere se e quando accedere all’erogazione dell’assegno previdenziale. Si rimuoverebbe, in definitiva, il criterio dell’anzianità anagrafica, preservando esclusivamente quello dell’età contributiva. Conti, facendo presente di condividere, in tal senso, le proposte del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha spiegato la ratio di un intervento del genere: non solo tutti i lavori non sono uguali – e un minatore, ad esempio, non può andare in pensione a 80 anni – ma vanno anche considerate le enormi differenze generate dalle congiunture economiche.
Chi si affaccia oggi sul mercato del lavoro, ove le previsioni di crescita di Pil si aggirano, sul medio-lungo termine, attorno allo 0,5 per cento, avrà una pensione inferiore anche del 20 per cento rispetto a chi opera in un contesto di crescita attorno all1,5 per cento.
FONTE: CGIA Mestre