Per il ministro dell’Economia non serve un aggiustamento dei conti pubblici per far fronte ai nuovi esborsi. Sul tavolo del governo dovrebbe invece arrivare a breve un decreto ad hoc con una soluzione per rispettare la sentenza della Consulta, minimizzando allo stesso tempo l’impatto sul bilancio.
La sentenza della Corte Costituzionale sul mancato adeguamento delle pensioni non costerà all’Italia una manovra correttiva. Ad assicurarlo è il ministro dell’ Economia, Pier Carlo Padoan, pronto a smentire direttamente voci più o meno insistenti – anche all’interno della compagine governativa – sulla necessità di un aggiustamento dei conti pubblici per far fronte ai nuovi esborsi. Se non sarà una manovra, sul tavolo del governo dovrebbe arrivare a breve un decreto ad hoc che indichi una soluzione per rispettare a pieno la sentenza della Consulta, minimizzando però allo stesso tempo, ha puntualizzato il ministro, l’impatto sul bilancio.
L’esecutivo è impegnato al massimo in queste ore a cercare innanzitutto di limitare la platea dei beneficiari dei rimborsi ai pensionati con assegni più bassi, escludendo per esempio quelli sopra 5 o 6 volte il minimo. L’idea di introdurre delle soglie, hanno evidenziato e continuano ad evidenziare a più riprese dal governo, deriva del resto dalle stesse motivazioni della Corte, che ha indicato nel rispetto della “equità” il principio base a cui ispirare la legislazione in materia previdenziale. Partendo da una definizione più stringente della platea si potrebbe dunque già ottenere un risparmio rispetto alle cifre monstre circolate in questi giorni ed arrivate fino ai 16 miliardi di euro di buco calcolati dal Nens. I numeri più plausibili parlano di circa 8-9 miliardi, ma prima di avere cifre ufficiali sul tavolo bisognerà attendere di capire quale sarà la soluzione politica scelta dal governo.
Oltre alla platea, il Tesoro sta infatti ancora cercando di definire quanti debbano essere gli arretrati da pagare (se cioè l’adeguamento debba essere al 100% o debba prevedere un decalage a seconda dell’ammontare della pensione) e quali possano essere le modalità per l’adeguamento, ovvero se corrisponderlo in un’ unica soluzione o se optare per una rateizzazione spalmata su tre o cinque anni. “Stiamo lavorando e quanto prima definiremo un quadro quantitativo”, ha chiarito Padoan, garantendo davanti al Parlamento, nel giorno in cui l’ Europa ha diffuso le nuove stime di primavera, che “le regole saranno rispettate”. Per ora la Commissione non ha preso posizione, lasciando all’Italia la piena competenza in materia, ma l’effetto sui conti pubblici non sarà indifferente a Roma come a Bruxelles.
La Ue ha confermato infatti un aumento del debito per quest’ anno, con un calo solo a partire dal 2016 che ora potrebbe essere rimesso in discussione. A seconda di quale saranno le scelte per trovare a breve la copertura necessaria, la partita potrebbe riaprirsi anche sul deficit, sia per lo scorso anno, chiuso sul filo del 3%, che per il 2015. Con un indebitamento tendenziale al 2,5% e un programmatico al 2,6%, di margini teorici ce ne sarebbero, ma le risorse andrebbero comunque trovate subito, utilizzando magari qualche posta già in bilancio e dirottando temporaneamente fondi impiegati altrove sulla nuova emergenza.
Entrate non indifferenti arriverebbero anche se, come suggerito dal sottosegretario all’Economia e leader di Scelta Civica Enrico Zanetti, si riconsiderassero i trattamenti pensionistici più alti basati sul calcolo retributivo in base ad una nuova base contributiva. L’ipotesi sembra non dispiacere neanche ad una parte del Pd (ad accennarla è stato anche Filippo Taddei) e consentirebbe risparmi consistenti per far fronte a quello che sarà ormai un aumento strutturale della spesa pensionistica.