Vediamo se è legale licenziare un dipendente per i suoi precedenti penali, nel caso in cui abbia commesso un reato prima dell’assunzione.
Durante i colloqui di lavoro, ci sono domande che il recruiter non può fare, specialmente quelle relative alla sfera religiosa o politica del candidato.
Si tratta, però, di un’area ancora nebulosa e spesso viene infranta la privacy del lavoratore, con domande poco attinenti alla mansione.
Ma se durante il colloquio di lavoro, il datore non ha richiesto al candidato il casellario giudiziario o non ha indagato sui suoi precedenti penali, è possibile licenziarlo in seguito proprio a causa di questo?
Ecco le varie casistiche.
Licenziare dipendente precedenti penali: è legale?
Una delle tipologie di licenziamento è quello disciplinare, determinato da un comportamento del dipendente, che rompe il rapporto di fiducia col datore di lavoro, in maniera definitiva.
Solitamente si procede col licenziamento disciplinare per cause legate al posto di lavoro (come un furto), ma non esclusivamente.
Il dipendente può essere licenziato per vie disciplinari anche in caso di illecito extralavorativo, come una condanna penale per un reato di particolare disvalore o allarme sociale.
Il datore di lavoro ha anche la facoltà di sospendere il dipendente, in via cautelare, in attesa della decisione del giudice durante la sentenza.
Se la condotta del dipendente è particolarmente grave, tale da influire sulla prestazione lavorativa o dare discredito all’azienda (ad esempio, molestie su minori), il dipendente può essere legittimamente licenziato.
Licenziare dipendente precedenti penali: quando non è legittimo il licenziamento
Se i reati, anche gravi, sono stati commessi molti anni prima dell’assunzione (e anche la condanna è precedente ad essa), il licenziamento, invece, non è legittimo.
Un licenziamento per giusta causa ostacola, in questo caso, il reinserimento nella società dei condannati, che viene promosso nell’art.27 della Costituzione.
La Cassazione ha recentemente respinto il ricorso di una società contro la sentenza che la obbligava a reintegrare il dipendente, autista di un mezzo per la raccolta dei rifiuti.
Il licenziamento era scattato sulla base di una condanna che il lavoratore aveva riportato dieci anni prima dell’assunzione, per reati di mafia che risalivano a vent’anni prima.
Pur sottolineando la gravità del reato, la Suprema Corte ha dato importanza al comportamento irreprensibile del dipendente per molti anni.
Le azioni commesse al di fuori dell’attività lavorativa e prima dell’assunzione hanno peso solo se possono ledere il rapporto di fiducia col datore di lavoro e solo se la condanna c’è stata nel corso del rapporto di lavoro. Due elementi che, in questo caso, non c’erano, perciò il licenziamento è stato illegittimo ed è giusta la reintegrazione del dipendente.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it