Sentenza 29 maggio 2014 nr. 22247 della Corte di Cassazione

La colpa del lavoratore dovuta ad una condotta abnorme, non esime il datore di lavoro dalle proprie responsabilità. Continua ad essere stringente la posizione della Corte di Cassazione in materia di responsabilità del datore di lavoro in occasione di infortuni e lesioni. Così da ultimo, la corte di Cassazione in sentenza 29 maggio 2014 nr. 22247. Il tribunale aveva in origine ritenuto colpevole il legale rappresentante di una società di costruzioni, per il decesso di un proprio operaio a seguito delle conseguenze subite a causa della caduta da ponteggio, reso pericoloso dalla mancanza di parapetti su due lati e in assenza di mezzi di protezione individuali e di personale preposto a vigilare sul rispetto delle norme di sicurezza.

 

La corte d’appello confermava poi la decisione, con conseguente ricorso del responsabile aziendale per Cassazione. Sosteneva la difesa che l’istruttoria dibattimentale aveva permesso di appurare che la vittima, sebbene sconsigliata dal compagno di lavoro, adibito con lui allo smontaggio di un’impalcatura, aveva coscientemente disatteso le norme precauzionali decidendo di rimuovere i tubolari posti a protezione dei castello aereo, al fine di agevolmente liberarsi delle parti smontate, facendole precipitare al suolo. Una tale condotta, in palese contrasto con le istruzioni ricevute, costituiva evento eccezionale ed imprevedibile, integrando abnorme deviazione rispetto al normale profilo comportamentale che poteva attendersi da parte del lavoratore e, pertanto, appariva illogica e priva di supporti l’affermazione della Corte territoriale, secondo la quale una tale imprudenza non poteva considerarsi imprevedibile. Infine, se anche il datore di lavoro avesse predisposto il P.O.S. l’evento di sarebbe verificato ugualmente, stante che la vittima aveva coscientemente disatteso le istruzioni che gli erano state date per scongiurare il sinistro.

 

Ad avviso dei giudici di Cassazione, il nucleo centrale attorno al quale risulta articolato il gravame, ipotizza che l’evento, in quanto frutto di condotta abnorme del lavoratore, non era prevedibile e prevenibile dal garante. Può sul punto richiamarsi, fra le ultime, la sentenza della stessa Corte 28/4/2011, n. 23292, in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità, la quale ha precisato che la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti a osservarne le disposizioni, non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l’esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l’evento morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento; abnormità che, per la sua stranezza e imprevedibilità si ponga al di fuori delle possibilità di controllo dei garanti.

 

Pur non potendosi in astratto escludere che possa riscontrarsi abnormità anche in ipotesi nelle quali la condotta del lavoratore rientri nelle mansioni che gli sono proprie, ove la stessa sia consistito in un’azione radicalmente ed ontologicamente lontana dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte dei lavoratore nella esecuzione del lavoro, qui la detta ipotesi, comunque, residuale, non ricorre. Poiché incombe sul datore di lavoro il precipuo obbligo d’impedire prevedibili imprudenti condotte dei lavoratori, mediante utilizzo di strumenti e macchinari non agevolmente alterabili, l’uso obbligatorio di dispositivi individuali di protezione e, non ultimo, l’approntamento di personale di vigilanza capace di negare l’accesso a procedure pericolose, non v’è dubbio che l’imprudente scelta della vittima di rimuovere i tubolari e la protezione su uno dei lati della struttura, al fine di poter con maggior facilità liberarsi di materiali di risulta precipitandoli al suolo, ove i dispositivi di tutela fossero stati efficacemente approntati, non sarebbe stata attuata. Per queste ragioni, al contrario di quanto asserito in ricorso, la predisposizione ed attuazione del P.O.S. avrebbe scongiurato il sinistro mediante la predisposizione di efficaci strumenti dissuasivi e impeditivi.

 

La medesima Corte ha sottolineato come ha avuto modo di affermare reiteratamente l’estrema rarità dell’ipotesi in cui possa affermarsi che possa configurarsi condotta abnorme anche nello svolgimento proprio dell’attività lavorativa, escludendolo tutte le volte in cui il lavoratore commetta imprudenza affidandosi a procedura meno sicura, ma apparentemente più rapida o semplice, che non gli venga efficacemente preclusa dal datore di lavoro. Ne è conseguito il rigetto del ricorso.

 

FONTE: ACNL – Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro, Sindacato Unitario

AUTORE: Renzo La Costa

 

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