L’Avvocato Maurizio Lucca approfondisce la questione dell’indisponibilità temporanea del diritto di accesso edilizio tramite l’analisi di una recente pronuncia giuridica.


La sez. II bis Roma, TAR Lazio, con la sentenza 24 luglio 2024, n. 15126, condanna la condotta di una Amministrazione, comprese le spese di giudizio, per aver temporaneamente sospeso il diritto di accesso in ambito edilizio, sul presupposto del tutto erroneo della temporanea indisponibilità dei documenti.

Indisponibilità e irreperibilità del documento

È noto che il diritto di accesso ha ad oggetto documenti formati e, quindi, venuti ad esistenza che si trovino nella certa disponibilità dell’Amministrazione, non potendo l’esercizio di tale diritto, o l’ordine di esibizione impartito dal giudice, alla luce del principio generale per cui “ad impossibilia nemo tenetur” e per evidenti ragioni di buon senso, riguardare documenti non più esistenti o mai formati [1].

Laddove, infatti, l’esistenza del documento sia incerta o solo eventuale o ancora di là da venire, l’azione di accesso agli atti non può essere ritenuta ammissibile [2].

Tuttavia, la PA non può esimersi da un’attività dovuta (quella di ricerca e individuazione degli atti) non essendo sufficiente – al fine di dimostrare l’oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso e di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull’Amministrazione, in base alla normativa primaria in tema di accesso – la mera e indimostrata affermazione in ordine all’indisponibilità degli atti, quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi, in quanto spetta all’Amministrazione destinataria dell’istanza di accesso l’indicazione, sotto la propria responsabilità, degli atti inesistenti o indisponibili che non è in grado di esibire, con l’obbligo di dare dettagliato conto delle ragioni concrete di tale impossibilità [3].

Il fatto

Un cittadino formulava istanza di accesso documentale ai titoli edilizi/urbanistici relativi ad un immobile oggetto di un preliminare di compravendita, motivato dalla necessità di comprovare la regolarità edilizia dell’immobile per giungere lecitamente ad una compravendita (verifica della regolarità del bene): la richiesta mirava ad un provvedimento espresso di rilascio di copia, oppure di una attestazione pubblica (della PA) di eventuale assenza o irreperibilità dei documenti.

L’Amministrazione si limitava a rilasciare unicamente una ricevuta di protocollazione di una DIA, dichiarando (quali condizioni ostative) «che la documentazione cartacea era conservata parte in locali fuori sede e non accessibili in sicurezza, parte in deposito sito al piano seminterrato interdetto al personale dai Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione del Municipio», attestando, dunque, che «che “allo stato” la Direzione del Municipio sarebbe impossibilitata al reperimento degli atti, il cui rilascio sarebbe impossibile “prima della disponibilità di un archivio accessibile ed idoneo”».

Merito

Il ricorso viene accolto [4], con l’ordine di esibizione, in ordine all’interesse manifestato dalla parte ricorrente (la possibilità di documentare lo stato legittimo delle opere, ossia, l’assenza di abusi edilizi, ex art. 9 bis, Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili, del DPR n. 380/2001) [5].

Viene fatta una premessa di inquadramento e di merito:

  • il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere, ai sensi del coma 6 dell’art. 22 della legge n. 241/90 [6];
  • i termini per la conservazione dei documenti (che per le Amministrazioni dello Stato sono disciplinati dall’art. 41 del d.lgs. 42/2004, in materia di versamento all’Archivio Storico), dipendono dallo specifico piano di conservazione dei documenti, ex 68, Disposizioni per la conservazione degli archivi, del DPR n. 445/2000; e dalle altre disposizioni regolamentari e statutarie della stessa Amministrazione, la quale può stabilire termini diversificati in funzione della natura del documento, ovvero, dell’interesse, compresa l’indicazione dei documenti da “scartare” (c.d. versamenti);
  • la disciplina di riferimento si deve traslare anche alle operazioni di custodia e di eventuale discarico di atti e documenti tecnici o edilizi o urbanistici d’epoca, che dovrebbero essere (o risultare già) improntate funzionalmente a consentire l’accessibilità o la reperibilità (anche) dei documenti edilizi risalenti negli anni (spingendosi alla c.d. digitalizzazione);
  • in presenza di una richiesta del privato, e i documenti non risultano presenti/esistenti negli archivi dell’Amministrazione in quanto non soggetti a versamento, quest’ultima è tenuta a certificarlo, dando prova dell’impossibilità della prestazione, ex 1218 c.c., secondo le regole generali, dimostrando l’assoluta ineseguibilità dell’obbligo, tenuto conto delle soluzioni organizzative esigibili in concreto, così da attestarne l’inesistenza e fornire adeguata certezza al richiedente per quanto necessario a consentirgli di determinarsi sulla base di un quadro giuridico e provvedimentale completo ed esaustivo [7];
  • ne consegue che è onere (dovere) dell’Amministrazione, sotto la propria responsabilità, attestare la inesistenza o indisponibilità degli atti che non è in grado di esibire, con l’obbligo di dare dettagliato conto delle ragioni concrete di tale impossibilità [8], secondo le regole archivistiche proprie dell’Amministrazione [9].

Delineate le fonti e l’esegesi, specie ove si consideri la finalità dell’accesso, che oltre a rispondere a ragioni di trasparenza e tutela, nello specifico, della disciplina dell’art. 9 bis del DPR n. 380/2001, consente di acclarare in modo certo la regolarità edilizia/urbanistica del bene, «ciò che rende evidente come tale obbligo non possa ritenersi assolto dalla indicazione fornita dall’Amministrazione di una “temporanea” inaccessibilità degli archivi che rendano indisponibile la documentazione “allo stato”, ossia con riserva di reperirla in futuro», significando che sarebbe sempre possibile l’emersione di atti o documenti contrastanti o non coerenti con risultanze indirette quali quelle che sono ammesse dal cit. art. 9 bis.

Le fluttuanti giustificazioni del diniego

Il GA richiama l’Amministrazione sull’ininfluenza (c.d. prive di pregio) delle giustificazioni dell’indisponibilità dei documenti conseguenti alle cattive o insicure condizioni di sicurezza dei locali degli archivi, aspetto evocato in modo alquanto generico, senza fornire alcuna prova, dimostrando, invece, non tanto un impedimento oggettivo, quanto una palese negligenza dell’Ente (ossia, colpa grave), essendo imputabile «ad un “fatto” che è nella disponibilità dell’Amministrazione (che non osserva le regole generali di sicurezza sui luoghi di lavoro, con ogni conseguenza in ordine alla responsabilità di dirigenti ed amministratori)».

Stessa sorte dell’inconsistenza motivazionale, la giustificazione del diniego retto sulla dislocazione degli archivi presso sedi separate da quelle dell’ufficio: nessuna ragione di diniego, rendendo solare («autoevidente») l’assenza di ogni impedimento per il personale dell’Amministrazione a recarvisi, oppure a farsi consegnare i documenti necessari da chi li abbia in carico.

L’insieme rende illegittimo il diniego e, di converso, indica le ragioni per le quali tale atto di rigetto devono fondarsi: un’attività istruttoria e di perizia in grado di palesare l’attività di inutile ricerca del documenti/dei documenti operata dalla PA, e la conseguente attestazione del Responsabile della loro inesistenza o indisponibilità, con una assunzione di responsabilità in ordine a quanto effettuato nell’accedere agli archivi.

L’ordine

In accoglimento del gravame, il Tribunale ordina all’Amministrazione di provvedere in ordine all’istanza ostensiva, apprestando, nell’eventualità, ogni opportuna attestazione a firma del Dirigente responsabile circa l’inesistenza o la indisponibilità degli atti richiesti, sulla base delle regole archivistiche sancite dal Regolamento della stessa Amministrazione.

Indicazioni concrete

La sentenza nella sua linearità espositiva, conferma un orientamento consolidato, applicabile a tutte le forme (materie) del contenuto che può assumere l’accesso documentale, postulando un esteso dovere di collaborazione con il privato (ex comma 2 bis, dell’art. 1 della legge n. 241/1990), adoperandosi alla ricerca dei documenti amministrativi, attività del RUP (colui che ha formato e/o detiene il documento), non potendo recedere nell’attività di ricerca, dove gli archivi costituiscono un patrimonio da tutelare.

Prima di rigettare la richiesta di accesso, con una suggestiva temporanea indisponibilità degli atti, pare utile indagare e disvelare il valore dell’istruttoria, e provare (ex art. 3 della legge n. 241/1990) di aver messo in atto ogni azione idonea/utile per raggiungere a consegnare i documenti, successivamente (ultima istanza) attestare i fatti: l’inesistenza, l’introvabilità, la distruzione del documento richiesto, adoperandosi, ove possibile, a richiamare la presenza dei cit. atti non reperiti richiamati, invece, in altri presenti (nella disponibilità), magari attenendosi alla teoria dell’atto implicito (presente a monte se richiamato a valle).

Note

[1] Cons. Stato, sez. V, 8 novembre 2023, n. 9622.

[2] Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 2021, n. 6713.

[3] TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 16 maggio 2022, n. 822, idem Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 892.

[4] A fondamento dell’azione, la parte ricorrente, richiama le sentenze del medesimo TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 24 maggio 2022, n. 6662; 12 maggio 2022, n. 5918 e 15 marzo 2022, n. 2960.

[5] Lo stato legittimo dell’immobile è quello corrispondente ai contenuti dei rispettivi titoli abilitativi, relativi non solo all’originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative: lo “stato legittimo dell’immobile” è quello riveniente dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa, nonché, se a questo siano susseguiti ulteriori titoli abilitativi, dal titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali, TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 24 novembre 2022, n. 946.

[6] La Pubblica Amministrazione non può avvalersi dell’eccezione al diritto di accesso prevista dal sesto comma dell’art. 22, della legge n. 241/1990, senza indicare con precisione il termine obbligatorio di detenzione, desumibile da una norma legislativa o regolamentare, TAR Campania, Napoli, sez. V, 8 febbraio 2023, n. 899.

[7] TAR Lombardia, Milano, 31 maggio 2019, n. 1255; 29 maggio 2021, n. 1245; 20 febbraio 2020, n. 343; TAR, Campania, Napoli, sez. VI, 3 maggio 2021, n. 2915; TAR Lazio, Roma, II ter, 19 marzo 2019, n. 5201.

[8] È stato ritenuto legittimo il diniego in merito ad una istanza ostensiva tendente ad ottenere copia degli atti relativi ad una pratica edilizia, che sia motivato con riferimento al fatto che, nonostante che la PA abbia posto in essere, in concreto, tutti i possibili adempimenti per il ritrovamento della pratica, ivi compresa la denuncia di smarrimento all’Arma dei Carabinieri, TAR Puglia, Bari, sez. III, 16 ottobre 2017, n. 1040.

[9] TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sentenza n. 16292/2022, idem TAR, Lombardia, Milano, sez. III, 11 ottobre 2019, n. 2131.