freedom actIn tema di incarichi extra-istituzionali, la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale Lombardia, nella sentenza n. 54 depositata in data 16 aprile 2015, nel condannare una dipendente pubblica al risarcimento del danno erariale per aver svolto incarichi extra lavorativi in assenza della prescritta autorizzazione, offre una disamina compiuta dell’argomento, in ragione della specifica normativa sia ante che post integrazioni apportate dalla legge 190/2012.

 

Giova premettere, sul piano sistematico, che, come già rimarcato in sentenza n. 216 del 2014 della Sezione, il rapporto di lavoro con il datore pubblico è storicamente caratterizzato, a differenza di quello privato, dal c.d. regime delle incompatibilità, in base al quale al dipendente pubblico, nei limiti infraprecisati, è preclusa la possibilità di svolgere attività extralavorative.

 

La ratio di tale divieto, che permane anche in un sistema “depubblicizzato” a rimarcare la peculiarità dell’impiego presso la p.a., va rinvenuta nel principio costituzionale di esclusività della prestazione lavorativa a favore del datore pubblico (“I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione” art. 98 cost.), per preservare le energie del lavoratore e per tutelare il buon andamento della p.a., che risulterebbe turbato dall’espletamento da parte di propri dipendenti di attività imprenditoriali caratterizzate da un nesso tra lavoro, rischio e profitto.

 

Centri di interesse alternativi all’ufficio pubblico rivestito, implicanti un’attività caratterizzata da intensità, continuità e professionalità, potrebbero turbare la regolarità del servizio o attenuare l’indipendenza del lavoratore pubblico e il prestigio della p.a.

 

Un simile obbligo di esclusività non è rinvenibile nell’impiego privato, nel quale il codice civile si limita a vietare esclusivamente attività extralavorative del dipendente che si pongano in concorrenza con l’attività del datore (art. 2105 c.c.).

 

Tuttavia, nell’impiego pubblico il divieto di espletare incarichi extraistituzionali non è così assoluto. Difatti, il regime vigente, codificato dall’art. 53 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, pur individuando, al primo comma, situazioni di incompatibilità assoluta (sancite dagli artt. 60 e seguenti del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 per lo svolgimento di attività imprenditoriali, agricole, commerciali, libero-professionali, ed altri lavori pubblici o privati.

 

Nel caso in esame la condotta rientra tra quelle espletabili (ergonon vietate in assoluto) per la loro occasionalità e “non professionalità”, ma previa autorizzazione datoriale.

 

Per maggiori informazioni, scaricate il testo completo della sentenza della Corte dei Conti, disponibile in allegato.