La Corte di Giustizia Europea deciderà il trattamento economico e giuridico dei giudici di pace e dei magistrati onorari italiani.
Il decreto governativo “polacco” di riforma della magistratura onoraria e di pace è una pagina buia della Repubblica. Lo stesso giorno nel quale veniva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto governativo “polacco” di riforma della magistratura onoraria, il Giudice di Pace di L’Aquila, su ricorso di un magistrato di pace del distretto che chiedeva il pagamento delle ferie non retribuite nel 2016 (domanda di competenza del Giudice di Pace secondo le sezioni unite della Cassazione), ha rimesso gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sollevando le seguenti questioni pregiudiziali: a) se il giudice di pace deve essere considerato lavoratore subordinato a tempo determinato; b) se i magistrati ordinari devono essere individuati come lavoratori a tempo indeterminato comparabili; c) se sussistono ragioni oggettive che giustifichino un trattamento economico e giuridico discriminatorio dei giudici di pace rispetto ai magistrati ordinari; d) se l’assenza di eque condizioni di lavoro in favore dei giudici di pace pregiudichi l’indipendenza ed imparzialità del giudice.
Contestualmente il Giudice di Pace di L’Aquila ha sollevato istanza di procedimento accelerato alla Corte di Giustizia Europea, ai sensi dell’articolo 105 del regolamento interno, avendo gli organi governativi, legislativi e giurisprudenziali italiani ingenerato un grave stato di incertezza in ordine all’applicazione del diritto comunitario, al riconoscimento della sua primazia rispetto al diritto interno, con particolare riguardo ai rapporti fra diritto costituzionale interno e diritto dell’Unione, rilevando l’improcrastinabile urgenza di risoluzione delle questioni pregiudiziali sollevate in analogia con il noto caso cd. Taricco.
Sarà quindi la Corte di Giustizia Europea che deciderà, come ad esempio già successo con i magistrati onorari britannici (sentenza O’Brian) e con i precari della scuola (sentenza Mascolo), quale debba essere il trattamento economico e giuridico dei giudici di pace e di tutti i magistrati onorari ordinari italiani.
Il decreto legislativo voluto dal Ministro Orlando costituisce una delle pagine più buie della legislazione italiana: si prevede l’illegittima trasformazione, senza assenso del lavoratore e senza alcuna giustificazione (verranno anzi assunti per concorso 2.500 nuovi giudici di pace), la trasformazione di un rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto part-time, pur raddoppiando le competenze dei giudici di pace, anche con applicazione in Tribunale all’ufficio del processo; viene abbattuta drasticamente la retribuzione dei giudici di pace, che percepiranno, in regime di part-time, il 25% dello stipendio che percepirebbe un magistrato ordinario alle stesse condizioni orarie, per giunta con contributi previdenziali integralmente a carico dei giudici di pace (laddove lo Stato versa il 75% dei contributi di tutti i dipendenti statali, magistrati compresi) e senza congedi retribuiti per maternità o malattia, né trattamento di fine rapporto e possibilità di riscattare i periodi assicurativi antecedenti; viene addirittura imposto ai giudici di pace di garantire, in appena 2 giorni a settimana, la stessa mole di lavoro che un magistrato ordinario assicura in 5 giorni e senza nessuna certezza e diritto in sede disciplinare.
Un magistrato impiegato solo apparentemente part-time, con uno stipendio da bracciante agricolo in nero, senza tutele previdenziali effettive, senza tutele ordinamentali e disciplinari, che garanzie di indipendenza ed imparzialità potrà mai offrire?
L’Unagipa ha già chiesto alla Commissione Europea ed al Parlamento Europeo l’immediato deferimento del governo italiano alla Corte di Giustizia Europea per le innumerevoli infrazioni gravi all’ordinamento comunitario denunciate.
Ed a settembre ricominceranno gli scioperi dei giudici di pace e dei magistrati onorari di tribunali e procure della Repubblica, che continueranno senza sosta nei mesi a venire bloccando tutti gli uffici giudiziari di primo grado.