I denari del Fondo Sociale Europeo non possono essere utilizzati per tutelare i lavoratori esodati? Questo è quello che ha sottolineato il Sottosegretario al welfare Massimo Cassano in risposta ad un interrogazione a risposta scritta in commissione Lavoro alla Camera presentata dai Cinque Stelle. La selezione degli interventi da finanziare mediante il Fondo sociale europeo – ha detto Cassano – viene effettuata dagli Stati membri dell’Unione europea sulla base dell’accordo di partenariato e dei programmi operativi convenuti con la Commissione europea. Tali Programmi prevedono – in coerenza con le finalità proprie del Fondo sociale europeo – interventi di politica attiva del lavoro finalizzati all’inserimento, ovvero al reinserimento, di determinati soggetti nel mercato del lavoro. Nello specifico, il PON Iniziativa Occupazione giovani individua quale target di riferimento i giovani NEET di età compresa tra i 15 ed i 29 anni, mentre il PON Sistemi di politiche attive per l’occupazione ha come destinatari, tra l’altro, i disoccupati di lunga durata, i giovani fino ai 35 anni di età, le donne, gli immigrati.
Pertanto, – prosegue Cassano – tra i destinatari degli interventi di politica attiva previsti dai due Programmi operati nazionali non rientrano i cosiddetti esodati intendendosi per tali quei lavoratori che, prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici, hanno lasciato il mondo del lavoro in forza di specifici accordi tra le Parti sociali che prevedevano l’accompagnamento alla pensione sulla base della normativa previgente la cosiddetta «Riforma Fornero». Tali soggetti infatti, per le loro peculiari caratteristiche, si prestano invece ad essere destinatari di interventi di politica passiva del lavoro che, com’è noto, mirano a contrastare la disoccupazione e i disagi ad essa connessi attraverso misure di supporto come il sostegno al reddito. Cassano ha sottolineato comunque come il Governo – sin dal suo insediamento – ha dimostrato particolare sensibilità alle problematiche degli esodati attraverso interventi di salvaguardia. Da ultimo, infatti, la legge di stabilità per il 2016 ha previsto un ulteriore intervento (il settimo) in favore di tali soggetti, garantendo l’accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti ad ulteriori 26.300 soggetti, sia individuando nuove categorie di soggetti beneficiari, sia incrementando i contingenti di categorie già oggetto di precedenti salvaguardie.
Con riferimento, invece, al problema dei lavori usuranti, sui quali alcuni deputati PD hanno chiesto al Ministero la possibilità di rivedere l’adeguamento all’aspettativa di vita dell’età di pensionamento degli addetti all’assistenza di base di anziani e disabili e la richiesta di qualificazione di tale attività lavorativa tra quelle cosiddette usuranti, Cassano ha segnalato che la legge di stabilità per il 2016 ha già previsto la destinazione di parte delle risorse finanziarie disponibili sul cosiddetto «fondo usuranti» ad altre finalità (esempio concorso alla copertura delle minori entrate derivante dalle misure di riduzione della pressione fiscale a favore dei pensionati). “Pertanto, ad oggi, le risorse finanziare disponibili sul citato fondo risultano sufficienti a garantire solo la programmazione dell’erogazione dei benefici in favore degli addetti alle lavorazioni usuranti attualmente individuate dalla normativa vigente”. L’estensione della normativa di vantaggio ad ulteriori categorie di lavori dovrà, pertanto, recare una adeguata provvista finanziaria. Cassano, comunque, sottolinea la disponibilità dell’INPS e del Ministero del Lavoro per l’avvio di tavoli tecnici volti ad esaminare le problematiche connesse alla revisione dell’aspettativa di vita in funzione di una diversa qualificazione e individuazione dei lavori usuranti.