Le ferie non godutePer un motivo o per un altro può capitare che un lavoratore non riesca, o non voglia, godere di tutte le ferie che ha a disposizione. Ma cosa succede quando si hanno delle ferie non godute?


Le ferie non godute che fine fanno? Ecco dei chiarimenti.

Ogni anno i lavoratori per legge hanno diritto ad almeno 4 settimane di ferie. A seconda dei contratti infatti possono essere previsti casi per cui i lavoratori aumentano il monte ferie.

Le ferie annuali quindi non sono uguali per tutti. A seconda del ruolo e della posizione, il monte ferie può variare considerevolmente. Di conseguenza anche i giorni che vengono maturati mensilmente non sono gli stessi.

Sappiamo per certo che ogni lavoratore ha diritto ad almeno un riposo settimanale (uno stacco di 24 ore dopo sei giorni di lavoro continuativi) e a delle ferie nel corso dell’anno. Tuttavia è possibile una deroga quando, per esempio, per esigenze aziendali il dipendente si ritrova costretto a lavorare in via del tutto eccezionale per 7 giorni di fila. Naturalmente costui avrà diritto al riposo compensativo.

Per quanto riguarda la distribuzione temporale delle ferie, la normativa stabilisce che solo 2 delle 4 settimane totali devono essere obbligatoriamente godute entro l’anno di maturazione. Il tempo restante, ammesso che ne rimanga, può essere goduto dal lavoratore entro i 18 mesi successivi la conclusione dell’anno di maturazione. Le ferie non godute oltre questo termine saranno retribuite, ma solo dopo la fine del rapporto lavorativo.

 

Quando le ferie non godute possono essere pagate 

Per legge le ferie non possono essere pagate finché si lavora sempre per la stessa azienda o lo stesso datore di lavoro.

I decreti legislativi stabiliscono infatti il chiaro divieto di monetizzazione durante il rapporto di lavoro per difendere il diritto alla salute del lavoratore. Egli ha ovviamente bisogno di un periodo di distacco dal posto di lavoro per recuperare le energie psico-fisiche.

Tuttavia, esistono delle eccezioni che confermano la regola:

  1. In caso di scadenza ravvicinata di un contratto a tempo determinato di durata annuale. In una simile situazione è possibile non godere delle ferie e farsele pagare al termine del rapporto di lavoro;

 

  1. Un altro caso è quello dei lavoratori a cui sono riconosciute più di 4 settimane di ferie ogni anno. Questi possono farsi pagare le ferie che eccedono il minimo imposto dalla legge se non godute;

 

  1. Per contratti a tempo indeterminato, il lavoratore non può rinunciare al godimento delle ferie per farsele pagare. Tuttavia, qualora al momento della cessazione del rapporto di lavoro avesse ancora delle ferie non godute, avrebbe diritto al loro pagamento.

 

 

In che occasione il lavoratore perde le ferie non godute

In realtà è abbastanza improbabile perdere completamente e definitivamente le proprie ferie non godute. Nell’eventualità che il lavoratore non le utilizzi nell’intervallo di tempo previsto dalla legge può avere la possibilità di continuare a goderne. In alternativa, ha diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva.

Non potrà però averla subito né farne richiesta a suo piacimento. L’unica cosa che può fare è aspettare per un certo periodo di tempo, perché tale indennità viene riconosciuta solamente quando il rapporto di lavoro si è concluso.

Ciononostante, esiste una condizione in virtù della quale i lavoratori perdono irreversibilmente il diritto al pagamento delle ferie non godute.

Per l’esattezza, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha stabilito che il dipendente perde la possibilità di rivendicare i diritti legati alle ferie retribuite solo in un’occasione: quando il datore di lavoro riesce a dimostrare inequivocabilmente che il dipendente, di sua spontanea volontà e con cognizione di causa, ha rifiutato di fruire delle proprie ferie annuali. Questo malgrado fosse stato messo nella condizione di esercitare in modo effettivo il proprio diritto.

Solo in una situazione del genere il lavoratore non potrà ottenere il pagamento delle ferie residue una volta terminato il rapporto di lavoro.

N.B. Non basta che il dipendente si limiti a non chiedere mai di poter godere delle proprie ferie per soddisfare la condizione che causerà la perdita irrimediabile di esse e del loro pagamento. Secondo i giudici ciò può succedere soltanto se egli esprime un rifiuto chiaramente deliberato e consapevole.

 

 

Permessi non goduti

I permessi maturati dal lavoratore che non siano stati goduti dallo stesso entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di maturazione, devono essere pagati dal datore di lavoro.

Il lavoratore, infatti, in base al contratto di lavoro con il quale è stato assunto, matura ogni mese un numero di ore di permesso da utilizzare in base alle sue esigenze.

Ricordiamo che i permessi sono periodi di assenza dal lavoro retribuiti che possono essere fruiti a gruppi di ore. Il numero di ore di permesso maturate dipende dal contratto collettivo nazionale di riferimento.

I permessi maturati hanno una scadenza e devono essere goduti dal lavoratore entro l’anno in cui sono stati maturati a pena di decadenza degli stessi.

Nel caso in cui i permessi maturati non siano utilizzati dal lavoratore nell’anno di maturazione, egli ha la possibilità di usufruirne entro il 30 giugno dell’anno successivo. Se non vengono utilizzati nemmeno entro tale termine, devono essere pagati dal datore di lavoro.

Quindi i permessi non goduti sono monetizzabili. Il loro pagamento avviene secondo il livello di retribuzione previsto dal contratto di lavoro con cui il lavoratore è assunto.

 

 

A chi spetta l’ultima parola?

Secondo il Codice Civile il datore di lavoro deve decidere le ferie tenendo conto dell’organizzazione e delle esigenze della sua azienda, oltre che degli interessi del suo dipendente.

La normativa vigente infatti stabilisce che il godimento delle ferie non può andare contro gli interessi aziendali.

Affinché le due cose possano coincidere e il datore di lavoro riesca a venire incontro alle necessità di entrambe le parti, è opportuno che il lavoratore provi a concordare il piano ferie con il proprio datore di lavoro con largo anticipo.

Così facendo quest’ultimo potrà organizzarsi e capire in che modo creare un piano ferie che soddisfi le richieste, o almeno ci provi, di tutti i dipendenti dell’azienda.

Per quanto riguarda i permessi deve essere fatto un ragionamento diverso da quello precedentemente descritto.

Essi infatti sono richiesti in base alle necessità personali del lavoratore e per questo motivo non sono sempre concordati con il datore di lavoro.

 

 

Ma quante ferie si possono chiedere?

Ovviamente prima di presentare il piano ferie il lavoratore deve essere a conoscenza di preciso di quanti giorni ha a disposizione. Per sapere la quantità di giorni di ferie maturati e che quindi si è in diritto di chiedere bisogna semplicemente andare a prendere la propria busta paga e fare riferimento a quanto in essa indicato. Nella busta paga il lavoratore trova tutte le informazioni non solo riguardo a ciò di cui è formato lo stipendio, ma anche sulle ferie ed i permessi.

Esaminando nello specifico la parte della busta paga riguardante le ferie possiamo scoprire preziose informazioni sulle tre categorie di ferie:

  1. Maturate;

 

  1. Godute;

 

  1. Residue. Ovvero il tempo da dedicare al riposo maturato nel corso dell’anno in aggiunta alle ferie non ancora godute. Quest’ultime contano anche quelle non godute nell’anno precedente, ma sempre nei limiti dei 18 mesi a cui si è accennato prima.

 

A seconda del tipo di busta paga che si riceve le ferie possono essere espresse in giorni o in ore. In quest’ultimo caso non ci sarà bisogno di farsi prendere dal panico o di andare in confusione. Basterà dividere le ore di ferie per il numero di ore di lavoro giornaliero previste dal contratto.

Con questa semplice divisione si sarà in grado di capire quanti giorni di ferie sono stati maturati fino a quel momento nel corso dell’anno e, di conseguenza, risulterà più facile farsi un’idea circa quanti possono ancora essere goduti.

È importante che le ferie siano godute entro i 18 mesi successivi all’anno di maturazione perché, altrimenti, queste sono temporaneamente perse e il lavoratore non avrà mai più la possibilità di richiederle. Tuttavia appena sarà terminato il rapporto di lavoro queste ferie andate perdute saranno pagate insieme alla liquidazione.

 

 

Richiesta al datore di lavoro per il piano ferie

Il dipendente deve avere l’accortezza di stare attento ad alcuni aspetti, diversamente rischia di non trovarsi in accordo con il proprio datore di lavoro. Questo può tradursi in una negazione da parte del secondo verso la richiesta del primo, il quale di conseguenza si vedrà impossibilitato a fruire del proprio piano ferie nel periodo preferito. Dunque bisogna prima accertarsi sulla possibilità di prendere le ferie in quel determinato lasso di tempo.

Sia per la richiesta che per il periodo in cui si ha intenzione di usufruirne ci sono delle regole che l’impiegato deve seguire con precisione, ricordando che, purtroppo, i propri bisogni personali riguardo il godimento delle ferie non possono andare contro gli interessi aziendali né sperare di scavalcarli.

Ci sono delle situazioni in cui il datore di lavoro può rifiutarsi di concedere le ferie al dipendente, concedendogli in cambio di usufruirne in un periodo alternativo più consono alle necessità dell’azienda.

La legge non ha mai fissato una precisa modalità per eseguire la richiesta delle ferie al datore di lavoro. Molto dipende dal contratto e dalla prassi aziendale: ad esempio, per le piccole aziende può essere sufficiente mettersi d’accordo verbalmente, mentre per quelle più grandi si preferisce una richiesta in forma scritta.

 

Di solito la richiesta può essere respinta dal datore di lavoro in due occasioni:

  1. Quando manca l’elemento del preavviso, il datore di lavoro può rifiutarsi di concedere le ferie senza dover per forza motivare la sua decisione;
  2. Se il dipendente sceglie di assentarsi in un periodo che metterebbe in difficoltà l’azienda. In quest’occasione il rifiuto deve essere sempre motivato. Quindi il datore di lavoro deve spiegare al dipendente per quali ragioni è costretto a impedirgli di godere delle ferie in quel determinato momento, presentandogli però un periodo alternativo in cui potrà usufruirne.

 

Le ferie non godute per i lavoratori che stanno per entrare in Cassa Integrazione

Probabilmente è opportuno fare prima una piccola premessa.

La Cassa Integrazione Guadagni (CIG) è un istituto che si occupa di effettuare una prestazione economica, erogata dall’INPS o dall’INPGI, a favore dei lavoratori. Prevede interventi di integrazione salariale in favore degli operai dipendenti da imprese industriali sospesi dall’obbligo di prestazione lavorativa o che lavorano a orario ridotto. L’obiettivo è quello di andare in aiuto delle aziende che si trovano in momentanea difficoltà, sgravandole in parte dei costi della manodopera temporaneamente non utilizzata.

La CIG si suddivide in due importanti unità:

  1. Ordinaria (o CIGO), le cui risorse provengono da INPS o INPGI. L’integrazione salariale ordinaria è prevista per contrazione/sospensione dell’attività produttiva, situazioni aziendali causate da agenti esterni temporanei e non imputabili all’imprenditore o agli operai, ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato.

 

  1. Straordinaria (o CIGS) con risorse del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. L’integrazione salariale straordinaria è prospettata per crisi economiche settoriali o locali, per ristrutturazioni, riorganizzazioni o conversioni aziendali.

 

Tornando al discorso, il primo punto è il diritto di accedere alla Cassa Integrazione Guadagni posticipando lo sfruttamento delle ferie annuali maturate.

Le direttive legate al diritto del lavoratore di godere di giorni di riposo è disciplinata dal Codice Civile. Questo non stabilisce che il godimento delle ferie debba per forza avvenire nell’anno di maturazione. Impone però che ciò accada secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

Il secondo punto si sofferma sull’eventualità di rilasciare un’autorizzazione al datore di lavoro allo scopo di cambiare il pagamento dei contributi di previdenza sociale relativi alle ferie non godute. A questo proposito il Ministero del Lavoro rimanda direttamente all’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale).

Cosa ha stabilito l’INPS?

L’INPS prevede che la scadenza per il pagamento delle ferie non godute sia di 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione delle ferie oppure quello stabilito dal contratto.

Esistono però anche casi particolari che prevedono la sospensione dell’obbligo contributivo delle ferie non godute. Per esempio, i casi di sospensione del rapporto lavorativo dovuta a malattia, maternità e Cassa Integrazione. Questi comportano anche la sospensione del calcolo dei 18 mesi entro cui deve essere effettuato il pagamento dei contributi.

 

Il termine per questo adempimento inizia di nuovo a decorrere dal giorno in cui il lavoratore riprende normalmente a lavorare.