Il parere o la sentenza che si rivelino errati possono dar luogo a responsabilità amministrativa nei confronti del funzionario che li ha applicati. Nell’esercizio dell’attività amministrativa, pareri o sentenze che non siano di interpretazione autentica della normativa da applicare hanno la sola funzione di consentire maggiori analisi della stessa.
Il giudizio sulla responsabilità amministrativa è di competenza della Corte dei conti. E una responsabilità perseguita d’ufficio (questo spiega anche la legittimità della limitazione al dolo e colpa grave). La Corte dei Conti ha un ulteriore potere di attenuazione della responsabilità del agente, potere riduttivo, la valutazione di tutta una serie di circostanze attenuanti.
Si tratta dunque della responsabilità per i danni causati all’ente nell’ambito o in occasione del rapporto d’ufficio: affinché un soggetto possa essere chiamato a rispondere in sede di responsabilità amministrativa occorre occorre che lo stesso, stesso, con una condotta condotta dolosa o gravemente colposa collegata o inerente al rapporto esistente con l’amministrazione, abbia causato un danno pubblico risarcibile che si ponga come conseguenza diretta e immediata di detta condotta.
La responsabilità amministrativa che può scaturire dall’utilizzo di pronunciamenti esterni trova di certo connotazione oggettiva, quando, in presenza di valutazioni contrastanti (senza naturalmente che nessuna di esse sia di interpretazione autentica), l’organo amministrativo scelga quella che, nel dire l’esatto contrario dell’altra, depone per la legittimità della relativa spesa, rivelandosi poi errata.
La specifica disciplina della responsabilità (civile) diretta dei funzionari e dipendenti pubblici verso i terzi è contenuta nel t.u. 3/1957, sul rapporto d’impiego pubblico, il cui art. 22 dispone che la responsabilità personale dei dipendenti pubblici sussiste solo allorché essi cagionino ad altri un danno ingiusto, intendendosi per tale la lesione dei diritti soggettivi dei terzi, commessa con dolo o colpa grave.
La responsabilità dei funzionari e dei dipendenti pubblici verso l’amministrazione dalla quale dipendono può essere disciplinare e patrimoniale (o amministrativa). La responsabilità disciplinare si ha ogni qualvolta il pubblico dipendente viene meno a un suo dovere d’ufficio. La legge prevede al riguardo varie sanzioni, che vanno dalla censura al licenziamento, le quali possono essere inflitte al colpevole solo a seguito di un particolare procedimento.
La responsabilità dei funzionari e dei dipendenti pubblici verso lo Stato sussiste ogni volta in cui vi sia un comportamento colpevole, indipendentemente dal grado della colpa. A tale regola è fatta, in qualche caso, eccezione: per es., la l. 1833/1962 stabilisce che gli addetti alla conduzione di autoveicoli e di altri mezzi meccanici sono responsabili solo per colpa grave o dolo, e in senso analogo dispongono l’art. 1 della l. 67/1981, per gli addetti alla circolazione dei treni e art. 128 t.u.e.l.
La certezza della norma da applicare esiste solo quando i relativi pronunciamenti esterni abbiano formale portata di interpretazione autentica della stessa, provenendo dagli organi firmatari dei relativi disegni di legge e/o da quelli appositamente individuati.