I dati emergono da una recente ricerca della Fondazione Openpolis: circa la metà dei lavoratori degli enti locali non ha la laurea, ma solo il diploma.
I titoli di studio aiutano a comprendere il livello di competenze del personale, importanti per lo svolgimento delle mansioni nei comuni. Negli enti locali risultano occupati meno laureati rispetto al resto della pubblica amministrazioni.
Ecco uno spaccato con tutti i dati analizzati in questo studio.
Negli enti locali la metà del personale non ha la laurea
Nel 2020, circa 1 lavoratore su 2 degli enti locali aveva almeno il diploma di scuola superiore mentre il 17% dei comuni non riportava laureati tra i suoi lavoratori dipendenti. Il titolo di studio è uno degli elementi che permette di mettere a fuoco le competenze dei lavoratori, un aspetto importante per il funzionamento efficace della pubblica amministrazione.
Ad esempio, è una questione cruciale se si pensa al ruolo che le amministrazioni hanno all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): spesso questi enti sono chiamati a svolgere il ruolo di soggetti attuatori, ovvero partecipare ai bandi ministeriali per assicurarsi le risorse previste dal piano. Inoltre, dopo essere stati ammessi ai finanziamenti, devono assegnare i lavori attraverso le gare d’appalto e assicurarsi che il processo rispetti tempi e vincoli previsti. Infine, contribuiscono alla rendicontazione finale fornendo i dettagli dei progetti di cui hanno responsabilità.
Si tratta di un processo particolarmente difficile per i comuni, tanto che non sono mancate persino rinunce alle candidature. Questo per le più svariate ragioni, tra cui la quantità importante di passaggi burocratici e la documentazione dettagliata da fornire: aspetti per cui vengono richieste conoscenze tecniche definite.
I titoli di studio dei lavoratori negli enti locali
Ovviamente è importante la formazione continua del lavoratore all’interno della pubblica amministrazione, sia per il proprio avanzamento professionale che per il funzionamento dell’ente.
Ma i titoli talvolta sono cruciali per poter accedere a determinate opportunità, oltre a permettere al lavoratore di avere una specializzazione in particolari aree necessarie per l’efficienza della macchina amministrativa.
Nel 2020, la maggior parte degli occupati negli enti locali italiani aveva la licenza di scuola media superiore. Parliamo di 193mila persone, che rappresentavano il 53% dei lavoratori e lavoratrici nel comparto. Seguivano coloro che avevano la laurea (circa 97mila, il 27%) e quelli che avevano finito la scuola dell’obbligo (66mila, il 18%). Erano poco più di 5.400 invece i lavoratori che avevano portato a termine un percorso post laurea, pesando per il 2%.
Sono dati che in parte si discostavano rispetto a quelli della pubblica amministrazione nel suo complesso: per quanto la quota di persone con la licenza media superiore fosse quella più consistente, si fermava al 42% (10 punti percentuali in meno rispetto a quanto registrato negli enti locali). Chi aveva la laurea invece era pari al 38%, 11 punti percentuali in più.
Le percentuali territoriali
È possibile scendere più nel dettaglio andando ad analizzare il dato dei singoli comuni, registrato da Istat nel censimento permanente delle istituzioni pubbliche. Nel 2020, 1.287 amministrazioni non avevano personale laureato tra i lavoratori dipendenti.
La maggior parte di questi si concentrava in Piemonte (446) e in Lombardia (274). Erano invece 65 le amministrazioni in cui non c’è nessun lavoratore con almeno la laurea, anche in questo caso si trovano principalmente in Piemonte (25). Una parziale spiegazione può essere data dalla numerosità degli enti nelle due regioni: Lombardia e Piemonte sono le due aree del paese in cui ci sono più comuni, rispettivamente 1.506 e 1.181.
Inoltre, sono regioni che comprendono grosse porzioni dell’arco alpino, ci sono molti enti di piccole dimensioni.
Erano invece 73 i comuni in cui tutto il personale è in possesso della laurea. Pure in questa circostanza, la maggior parte si trovava in Piemonte (23) e in Lombardia (21). Diciotto erano situati nelle regioni del mezzogiorno.
Limitandoci ai capoluoghi, quello che riportava la quota di laureati maggiore è Livorno (55%), a cui seguivano Pescara (49%), Carbonia (48%) e Bari (47%). Le percentuali minori invece a Trapani (13%), Siracusa (12%), Caltanissetta e Agrigento (10%). Per quanto riguarda invece i lavoratori con almeno il diploma di scuola secondaria superiore, tutti gli occupati del comune di Lecco ne erano in possesso. Alte quote anche a Roma (96%), Livorno e Pescara (95%). Solo in un capoluogo l’incidenza scendeva sotto il 47% (Ascoli Piceno).
Fonte: Openpolis