“Nel nostro settore 350 imprese sono in stato prefallimentare e sono a rischio circa 2800 posti di lavoro non riconvertibili. E’ una tragedia più grande dell’Ilva e di Elettrolux”. Questo il quadro dipinto questa mattina nel corso di una conferenza stampa, da Antonio Diomede, Presidente di Rea, organizzazione che raccoglie radio e televisioni locali.

La causa principale della crisi dell’emittenza locale è dovuta alla discriminante assegnazione delle frequenze televisive del  digitale terrestre che non ha tenuto conto delle direttive europee e delle disposizioni di legge italiane ad opera dei Governi precedenti e dell’Autorità delle Garanzie nelle Comunicazioni. Le violazioni commesse hanno provocato ingenti danni economici alle imprese televisive valutate in 700 milioni di euro. Diomede lamenta che le 25 frequenze assegnate dalla Ue all’Italia sono state assegnate ai grandi network televisivi, lasciando fuori tutti gli altri. “Senza contare che con questa distribuzione i canali locali sono scalati sul telecomando e gli utenti affezionati spesso hanno rinunciato a cercarci. Abbiamo portato questa problematica nei tribunali e abbiamo vinto le cause”. Ma le normative in tema di trasmissione sono per lo più disapplicate, soprattutto quelle che riguardano il finanziamento delle emittenti locali. Pochi sanno infatti che la legge 422/1993 prevede di assegnare una parte del canone Rai alle emittenti locali. Così come l’art. 8 del Testo Unico della Radiotelevisione (decreto legislativo 177/2005) prevede che “un terzo della capacità trasmissiva, determinata con l’adozione del piano di assegnazione delle frequenze per la diffusione televisiva su frequenze terrestri” vada alle locali. Insomma quello che lamentano i piccoli editori è un atteggiamento poco chiaro degli organi preposti al controllo che va a beneficio dei grandi gruppi e non rispettano le regole già esistenti. “D’altronde – spiega il Presidente di Rea – spesso i giudici hanno annullato le delibere dell’Agcom”.

REA ha più volte chiesto all’AGCOM e al Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) di convocare un Tavolo di lavoro, ma è come aver parlato ai sordi. Tuttavia la possibilità di rimediare ai danni commessi è possibile in occasione del nuovo standard televisivo DVB-T2 che consente di comprimere i segnali in modo tale da ottenere, con l’impiego di una sola frequenza,  fino a 20  programmi rispetto agli attuali 6 del DVB-T. E’ una occasione da non perdere per adeguare il Piano di Assegnazione delle Frequenze alle Direttive europee e alla legislazione italiana in modo da creare i presupposti per salvare le aziende, i posti di  lavoro, il pluralismo informativo nonché  sviluppo e benessere per l’Italia.

FONTE: Agenzia Parlamentare (www.agenparl.it)

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