Una ricerca dell’Anmil – basata su un campione di 200 interviste – ha evidenziato il profondo disagio psicologico e la scarsa integrazione sociale per chi vive questa grave condizione. Particolari difficoltà si avvertono sul fronte professionale, dove si registra la persistenza di comportamenti illeciti che spingerebbero le interessate al licenziamento
Ogni anno in Italia circa 2mila donne diventano disabili da lavoro a causa di un evento lesivo grave conseguente a un infortunio o a una malattia professionale. Al 31 dicembre 2012 le donne in tale condizione sono risultate essere oltre 96mila, su un totale di circa 690mila disabili da lavoro: il 68% di loro ha un’età superiore ai 64 anni e il 90% è ultracinquantenne (fonte: Banca dati disabili Inail). Questo il contesto nell’ambito del quale l’Anmil – sulla base di un sondaggio che ha interessato un campione di 200 donne disabili da lavoro – ha realizzato il rapporto “Tesori da scoprire: la condizione della donna infortunata nella società” ”, presentato ieri a Roma, presso Palazzo Giustiniani, in occasione di un convegno patrocinato dal Senato.
Il 42% soffre di ansia, angoscia e incubi. La ricerca – prodotta in collaborazione con Dataming e Interago – ha indagato, così, diversi ambiti della condizione delle donne vittime di infortunio sul lavoro, evidenziando aspetti di grande interesse in particolare per quanto riguarda la sfera del disagio psicologico conseguente all’incidente, le difficoltà di mantenere la propria professione e il rapporto con le persone più vicine. Se la maggioranza delle intervistate non ha la percezione di essere discriminata come disabile – né ravvisa la percezione di essere doppiamente discriminata in quanto donna e disabile – il 42,5% ha, tuttavia, dichiarato di soffrire ancora di ansia, angoscia o incubi conseguenti all’infortunio. Questa realtà assume maggiore rilevanza nelle donne sotto i 50 anni (59%) e decresce col salire dell’età: un andamento che indica un maggior livello di superamento del disagio man mano che il ricordo dell’infortunio si allontana nel tempo.
Il 57% ha perso i rapporti con amici e colleghi. L’infortunio sul lavoro, con le sue conseguenze invalidanti, si rivela un forte ostacolo nella generale vita di relazione. Circa, infatti, il 57% delle donne intervistate ha affermato di non avere mantenuto dopo l’incidente il rapporto con amici e colleghi. Per quanto riguarda il livello di accettazione e integrazione, i dati mostrano che il 31,5% delle donne che ha mantenuto lo stesso posto di lavoro ha, però, cambiato ruolo o attività. Un rilevante 23,5% ha affermato di aver perso il lavoro dopo l’infortunio perché spinta a licenziarsi. “Questo dato risulta drammatico e conferma la persistenza di un comportamento illecito da parte di alcuni datori di lavoro che rifiutano di considerare la donna infortunata come risorsa e, anzi, si adoperano per liberarsi del loro peso – si legge nel rapporto – La tendenza sale sensibilmente osservando la distribuzione per fascia di età, dove notiamo che il 56% delle donne sotto i 50 anni ha perso il lavoro perché spinta a licenziarsi”.
Il presidente del Senato: “Occorre migliorare l’attuale quadro normativo”. “Molti dei dati sono preoccupanti – ha sottolineato nel suo intervento d’apertura il presidente del Senato, Pietro Grasso – ed evidenziano come le donne continuino ancora ad avere più problemi rispetto agli uomini sotto diversi profili, tra i quali quello dell’accesso al mercato del lavoro, quello della tutela della salute sui luoghi di lavoro, quello della conciliazione dei tempi di lavoro e di vita familiare”. Grasso ha indicato, così, come sia “assolutamente necessario rafforzare l’attività di formazione e informazione sul tema della sicurezza sui luoghi di lavoro”. “Si deve rilevare che non sempre la normativa ha tenuto conto delle differenze di genere sui luoghi di lavoro e solo in anni recenti tali differenze sono state prese in considerazione dal legislatore – ha sostenuto il presidente del Senato – In futuro occorrerà una maggiore attenzione in tal senso, migliorando il quadro normativo vigente, in un’ottica sistematica di maggiore integrazione tra prevenzione, sicurezza, qualità della vita”.
FONTE: Inail