trasparenzaAlla fine la modifica è arrivata. Dopo le aperture del Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, la Commissione Affari Costituzionali ha precisato i contorni della licenziabilità dei dirigenti pubblici. Per comprendere le novità bisogna fare un passo indietro e comprendere la nuova architettura sulla dirigenza fondata sul ruolo unico.

 

La Riforma prevede, in sostanza, che i dirigenti finiranno in tre ruoli unici nazionali (Stato, Regioni ed Enti Locali) e da questi le singole amministrazioni sceglieranno i dirigenti a cui affidare incarichi di durata quadriennale (rinnovabili per altri due anni). Ma cosa succede quando, alla scadenza dell’incarico, questi non venisse rinnovato dall’amministrazione? Prima della modifica si prevedeva che i dirigenti privi di incarico fossero messi in disponibilità e poi, dopo un certo periodo di tempo, si prevedeva la fuoriscita dal ruolo unico. Automaticamente. Ora la modifica. Il dirigente collocato in disponibilità decadrà dal ruolo unico solo a seguito di una valutazione negativa dall’organismo di appartenenza. La novità era stata promessa dal Ministro Madia nelle scorse settimane per placare i timori la decadenza finesse per dipendere dal tasso di fedeltà del dirigente alle scelte della politica.

 

Per i dirigenti collocati in disponibilità ci sarà inoltre la possibilità di formulare istanza di ricollocazione in qualità di funzionario, in deroga all’articolo 2103 del codice civile, nei ruoli delle pubbliche amministrazioni normali.

 

Ancora in tema di se­lezioni, è passato un «giro di vite» sulla designazione dei direttori generali, amministrativi e sanitari delle strutture sanitarie, riducen­do la discrezionalità nelle nomine: le regioni avranno a disposizione una rosa di persone, proposta da una commissione «ad hoc» che, e questa è la novità, non sarà formata semplicemente attin­gendo dall’elenco nazionale dei dirigenti, ma sarà com­posta anche da chi, iscritto all’elenco, si è fatto avanti, manifestando interesse per l’avviso pubblico.