dipendenti-pubblici-servizio-fuori-sedeIn un recente orientamento applicativo dell’Aran sono forniti alcuni chiarimenti in merito al servizio fuori sede per i dipendenti pubblici.


I nuovi CCNL del pubblico impiego disciplinano molti aspetti relativi al lavoro quotidiano dei dipendenti. Uno di questi aspetti, analizzato di recente da un parere dell’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) riguarda il concetto di trasferte di lavoro e servizio fuori sede.

Questo è il testo dell’articolato quesito sottoposto all’Agenzia:

Secondo la previsione dettata dall’art. 90 del CCNL 2019-2021 il personale è da considerarsi in servizio fuori sede qualora, dopo aver preso servizio presso l’ordinaria sede di lavoro, sia chiamato a prestare la propria attività lavorativa in altri luoghi dove viene inviato per temporanee esigenze di servizio con previsione di rientro presso la stessa, se è soddisfatto almeno uno dei due seguenti requisiti: 1. la durata del servizio inferiore a otto ore; 2. il servizio viene effettuato entro il raggio di 50 km dalla ordinaria sede di lavoro. In relazione a questa previsione si chiede di chiarire gli aspetti di seguito evidenziati:

a) In relazione al primo dei due requisiti, con il termine “durata di servizio” si intende fare riferimento al tempo effettivamente lavorato o si intende considerare la durata complessiva dell’assenza dalla sede lavorativa, comprensiva quindi anche del tempo di andata e ritorno per recarsi dalla sede al luogo di svolgimento dell’attività?

b) A fronte di un servizio fuori sede programmato per una durata di servizio inferiore alle 8 ore, che richiede uno spostamento superiore ai 50 km dalla ordinaria sede di lavoro, nel caso in cui il servizio si prolunghi fino a superare il limite delle 8 ore, risulta comunque applicabile la disciplina del servizio fuori sede o va applicata quella relativa alla trasferta?

Vediamo qual è stata la risposta.

Dipendenti pubblici, chiarimenti Aran su servizio fuori sede

Con riferimento alla “durata di servizio” è opportuno precisare che deve intendersi il tempo complessivamente impiegato per l’attività lavorativa, compresi i tempi di percorrenza per recarsi dalla sede al luogo di svolgimento dell’attività.

Ed in questo senso si richiama il comma 3 dell’articolo 90 che prevede che “il tempo di andata e ritorno per recarsi dalla sede al luogo di svolgimento dell’attività è da considerarsi a tutti gli effetti orario di lavoro”.

Si sottolinea comunque, che il contratto ha introdotto la possibilità, considerati i progressi in campo informatico, che qualora risulti più conveniente, per l’ente, raggiungere il luogo di svolgimento dell’attività partendo direttamente dalla dimora abituale, l’inizio e la fine del servizio possano avvenire presso la dimora del dipendente attestando le stesse con le modalità sostitutive di controllo.

In merito al secondo quesito, si precisa che, fra le altre cose, il servizio fuori sede – a differenza della trasferta – si caratterizza per la presa in servizio presso la propria sede prima dell’avvio dell’attività lavorativa e il rientro successivo alla sede lavorativa dopo il termine dell’attività esterna.

Tuttavia si ritiene che comunque il caso in esame rientri nella fattispecie del servizio fuori sede, riconoscendo al dipendente tuttavia le ore effettuate in più per esigenze dovute al servizio come orario straordinario, ferma restando la valutazione del responsabile gestionale del dipendente in merito alle ragioni del prolungamento dell’attività lavorativa.

Il testo completo del documento

Potete consultarlo qui.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it