Il sindacato CGIL ha recentemente lanciato un allarme riguardo alle pesanti perdite economiche che i dipendenti pubblici subiscono a causa del differimento nel pagamento del Trattamento di Fine Servizio (Tfs) e del Trattamento di Fine Rapporto (Tfr).


Nel suo dossier, la CGIL denuncia come il governo continui a ignorare questa problematica, concentrandosi solo su misure fiscali, mentre sarebbe necessario un intervento concreto per affrontare la questione. L’analisi condotta si propone di quantificare la diminuzione del potere d’acquisto di questi lavoratori, considerando il rinvio previsto dalla legge e l’impatto dell’inflazione.

Differimento TFR-TFS: quanto costa ai dipendenti pubblici?

Il rinvio del pagamento del Tfs-Tfr e l’effetto dell’inflazione comportano significative perdite in termini di potere d’acquisto per i dipendenti pubblici.

Scopriamo dettagliatamente quale sarà l’impatto sui lavoratori di questo ritardo nell’erogazione e quali sono le possibili conseguenze in termini di “costo”.

Tempi di erogazione

I termini per la liquidazione del Tfs e del Tfr variano in base alla causa di cessazione del rapporto di lavoro, come stabilito dalla normativa vigente. In caso di cessazione per inabilità o decesso, il pagamento deve avvenire entro 105 giorni; per pensionamento o termine del contratto a tempo determinato, il pagamento è previsto dopo 12 mesi; in tutti gli altri casi, il termine è di 24 mesi. Inoltre, eventuali ritardi nei pagamenti comportano l’obbligo di corrispondere interessi legali per ogni giorno di attesa.

Rateizzazione dei pagamenti

La liquidazione del Tfs può essere soggetta a rateizzazione, a seconda dell’importo totale. Fino a 50.000 euro, il pagamento è effettuato in un’unica soluzione. Tra 50.000 e 100.000 euro, viene suddiviso in due rate annuali, mentre per somme superiori a 100.000 euro, la liquidazione avviene in tre rate annuali. Al contrario, nel settore privato, il Tfr viene generalmente liquidato entro un mese dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Analisi delle perdite

L’analisi sulle conseguenze del differimento del Tfr-Tfs per i dipendenti pubblici si basa su tre casi di dipendenti andati in pensione anticipata con retribuzioni diverse (30.000, 40.000 e 60.000 euro) e una carriera lavorativa di 43 anni. I risultati evidenziano perdite significative in termini di potere d’acquisto a causa dell’inflazione e del rinvio dei pagamenti.

  • Caso 1: Retribuzione di 30.000 euro
    • Tfs maturato: 86.000 euro.
    • Prima rata (gennaio 2025): 50.000 euro (valore reale: 43.010 euro; perdita di 6.990 euro).
    • Seconda rata (gennaio 2026): 36.000 euro (valore reale: 30.330 euro; perdita di 5.670 euro).
    • Perdita totale: 12.660 euro.
  • Caso 2: Retribuzione di 40.000 euro
    • Tfs maturato: 114.667 euro.
    • Prima rata: 50.000 euro (valore reale: 43.010 euro; perdita di 6.990 euro).
    • Seconda rata: 50.000 euro (valore reale: 42.125 euro; perdita di 7.875 euro).
    • Terza rata: 14.667 euro (valore reale: 12.117 euro; perdita di 2.550 euro).
    • Perdita totale: 17.415 euro.
  • Caso 3: Retribuzione di 60.000 euro
    • Tfs maturato: 172.000 euro.
    • Prima rata: 50.000 euro (valore reale: 43.010 euro; perdita di 6.990 euro).
    • Seconda rata: 50.000 euro (valore reale: 42.125 euro; perdita di 7.875 euro).
    • Terza rata: 72.000 euro (valore reale: 59.424 euro; perdita di 12.576 euro).
    • Perdita totale: 27.441 euro.

Questa analisi rivela come il rinvio dei pagamenti e l’inflazione possano erodere significativamente il valore reale delle liquidazioni per i dipendenti pubblici.

Un ulteriore impatto: il mancato rendimento

In aggiunta, l’analisi considera anche il potenziale rendimento che sarebbe stato ottenuto se i lavoratori avessero ricevuto le somme maturate al termine del loro servizio e le avessero investite con un tasso annuo del 2,5%. I risultati mostrano che la somma totale di mancato rendimento ammonta a:

  • 5.298 euro per una liquidazione di 86.000 euro.
  • 7.895 euro per una liquidazione di 114.667 euro.
  • 13.849 euro per una liquidazione di 172.000 euro.

Il dossier della CGIL

Qui il documento completo.