Ecco alcuni chiarimenti in merito alle possibili deroghe alla soglia del 75% per il turnover nella Pa: scopriamo in quali caso risultano applicate.
L’art. 110 della Legge di Bilancio 2025 si colloca nell’ambito del quadro normativo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con l’obiettivo di completare la riforma della pubblica amministrazione. Le misure previste mirano a:
- revisione dei fabbisogni di personale: riduzione dei costi tramite l’efficienza derivante da digitalizzazione, semplificazione e riorganizzazione dei processi;
- ottimizzazione del turnover: riequilibrio delle assunzioni, prevedendo un’applicazione graduale della possibilità di sostituzione del personale cessato;
- riduzione dell’organico: interventi mirati su settori specifici, come la scuola, attraverso la ridefinizione delle dotazioni organiche.
La norma è particolarmente rilevante in un’ottica di contenimento della spesa pubblica e di razionalizzazione delle risorse, garantendo al contempo il rispetto dei vincoli finanziari imposti a livello europeo.
La norma dispone innanzitutto che le P.A. devono procedere ad un’analisi dei propri fabbisogni di personale, al fine di sfruttare i risparmi derivanti dalla modernizzazione dei processi per ridurre le spese, senza compromettere però la loro efficienza operativa.
I nuovi limiti al turnover e alle assunzioni
Viene inoltre introdotta una nuova soglia per il turnover, fissata al 75%. Ciò significa che le amministrazioni con oltre 20 dipendenti, nel corso del 2025, potranno rimpiazzare soltanto il 75% delle unità cessate nel 2025. Pertanto, per ogni 100 dipendenti che lasciano il posto, se ne potranno assumere solo 75. A partire dal 2026, questa soglia aumenterà nuovamente al 100%, consentendo di rimpiazzare completamente il personale dimissionario, a condizione che siano stati realizzati i risparmi previsti attraverso la digitalizzazione e la riorganizzazione.
Nuovi limiti sono previsti anche per l’assunzione di personale, sia per il presente che per gli anni futuri. Infatti, il numero di nuove assunzioni che una P.A. potrà effettuare sarà stabilito in base a un limite predeterminato, che terrà conto delle risorse finanziarie disponibili. Ad esempio, qualora le risorse economiche siano scarse, il numero di posizioni vacanti da coprire risulterà ridotto, anche se la legge stabilisce al 75% la soglia del turnover o, per le assunzioni dal 2026, al 100%.
Viene altresì introdotto un vincolo di spesa per le agenzie fiscali, enti di regolazione, fondazioni lirico-sinfoniche e altre amministrazioni locali, in cui il costo per il personale non potrà superare il 75% di quello relativo al personale cessato. Questo limite si applica anche agli enti locali con più di 20 dipendenti, comprese le Camere di commercio e le Regioni a statuto ordinario, le cui opportunità di assunzione saranno quindi ristrette.
Le limitazioni riguardano anche il personale scolastico. L’art. 110 infatti prevede una diminuzione complessiva di 5.660 posti nell’organico dell’autonomia e una successiva riduzione di 2.174 unità nel personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA). La ridefinizione avverrà tramite decreti ministeriali garantendo l’invarianza finanziaria.
Alcune istituzioni, incluse le Autorità indipendenti (AGCM, CONSOB, l’Autorità di regolazione dei trasporti, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, AGCOM, Garante per la protezione dei dati personali, ANAC, Commissione di vigilanza sui fondi pensione, Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, IVASS e Agenzia per la cybersicurezza nazionale) e gli enti locali con più di 20 dipendenti, potranno assumere nel 2025 solo il 75% del personale cessato.
Le deroghe alla soglia del 75% per il turnover nella Pa
Tuttavia, sono previste alcune deroghe. Ad esempio, con riferimento a magistrati togati e avvocati dello Stato, non è prevista l’applicazione del limite al turnover, motivo per cui tali categorie mantengono la possibilità di sostituzione totale già dal 2025.
Inoltre, si può derogare al limite del 75% per specifiche esigenze amministrative, allorquando, in presenza di necessità di particolari professionalità, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su indicazione dei Ministri competenti, potrà concedere deroghe per determinati settori, a condizione che vi sia una compensazione dei risparmi tra le amministrazioni.
Le amministrazioni colpite dalle restrizioni
In sintesi, le amministrazioni che saranno soggette a restrizioni nelle assunzioni a partire dal 2025 includono:
- le Amministrazioni statali, cioè Ministeri e agenzie governative;
- gli Enti locali, come Comuni, Province e Regioni;
- aziende e enti pubblici non economici, quali quelli attivi nel campo della ricerca o della cultura (come università e istituti di ricerca) o in altri settori non immediatamente produttivi;
- sanità pubblica, vale a dire ASL, ospedali e istituti di ricerca medica;
- forze dell’Ordine e Sicurezza, comprendendo le forze armate e la polizia di Stato;
- istituti scolastici e università.
Scadenze per l’invremento dei fondi per il trattamento accessorio
Infine, la norma prevede che le economie derivanti dalle assunzioni ridotte possono incrementare i fondi per il trattamento accessorio del personale e che entro il 30 aprile di ogni anno, i risparmi verranno versati al bilancio dello Stato.
Interrogativi e criticità delle nuove regole
La norma introdotta dall’art. 110 della Legge di Bilancio 2025 rappresenta un intervento significativo volto a razionalizzare la gestione del personale nella pubblica amministrazione, in linea con gli obiettivi del PNRR e i vincoli europei. Tuttavia, il provvedimento solleva interrogativi critici sulla sua sostenibilità a lungo termine.
Le limitazioni al turnover e le riduzioni di organico rischiano di comprimere l’efficienza operativa di settori strategici come la sanità, l’istruzione e la sicurezza, già provati da carenze strutturali. Sebbene le deroghe previste per specifiche categorie offrano una certa flessibilità, il quadro complessivo appare dominato da una logica di contenimento della spesa che potrebbe penalizzare l’erogazione dei servizi essenziali. Inoltre, il vincolo di destinare i risparmi al bilancio dello Stato, anziché reinvestirli integralmente in innovazione o formazione, potrebbe limitare la modernizzazione degli enti.
In definitiva, pur perseguendo obiettivi meritori di razionalizzazione e sostenibilità economica, la norma rischia di generare effetti collaterali significativi se non accompagnata da un monitoraggio rigoroso e da politiche compensative adeguate. Una riforma strutturale richiede un equilibrio più solido tra esigenze di bilancio e qualità dei servizi pubblici offerti ai cittadini.