INPS, inpdap, governo pensioniReddito garantito per ultra 55enni che perdono il lavoro, ricongiunzione gratuita dei contributi in diverse gestioni previdenziali, pensione anticipata con ricalcolo contributivo, versamenti volontari per aumentare l’assegno, abolizione dei privilegi di alcuni regimi previdenziali per una maggior equità: sono i punti fondamentali della proposta di riforma pensioni INPS, messa nero su bianco e presentata dal presidente dell’Istituto, Tito Boeri, come accompagnamento del rapporto annuale.

 

«Proposte attuabili fin da subito alla luce dei pur stringenti vincoli di bilancio e amministrativi del nostro paese», pensate per «rendere il sistema più equo» e «formulate non per esigenze di cassa, ma ricercando maggiore equità, tanto fra generazioni diverse che all’interno di ciascuna generazione».

 

Così spiega Boeri, riprendendo le linee guida tracciate nella bozza di riforma previdenziale già sottoposta all’Esecutivo. Ecco, nel dettaglio, i cinque punti cardine.

 

Perdere il lavoro dopo i 55 anni significa, secondo le stime INPS, non trovare nuova occupazione in nove casi su dieci. E, vista la recessione, le persone disoccupate e indigenti che hanno superato i 55 anni«sono più che triplicate nell’arco di sei anni». Pertanto, il riconoscimento della prestazione viene considerato da Boeri:

 

«Un primo passo verso l’introduzione di quel reddito minimo garantito che oggi manca nel nostro Paese», di pari passo con «una separazione vera, di sostanza e non solo di natura contabile» tra assistenza e previdenza: l’assistenza deve essere finanziata dalla fiscalità generale mentre la previdenza è una prestazione assicurativa, che prevede trasferimenti tra generazioni diverse, e che garantisce diritti proporzionati ai contributi versati durante l’intero arco della vita lavorativa». In questo modo si potrà anche superare «un vizio d’origine del sistema contributivo introdotto nel nostro ordinamento a partire dalla seconda metà degli anni ’90», in base al quale non sono previste «prestazioni minime per chi non ha altri redditi e ha accumulato un montante contributivo troppo basso per garantirsi una pensione al di sopra della soglia di povertà».

 

L’INPS eroga 21 milioni di prestazioni pensionistiche a circa 15 milioni di pensionati. Per ogni tre, ne vengono messe in pagamento mediamente quattro. La proposta Boeri è di consentire a chi ha versato contributi in diverse gestioni (anche quella separata), la ricongiunzione senza oneri aggiuntivi, che penalizzano i lavoratori più “mobili” e che «presumibilmente avevano cambiato impiego cercando di mettere a frutto i propri talenti e le proprie vocazioni».

 

Ci sono al momento forti asimmetrie fra diversi trattamenti previdenziali, non fondate su diversi livelli contributivi ma che, al contrario, «riflettono differenze spesso macroscopiche nei tassi di rendimento garantiti ai contributi versati da alcune coorti e categorie specifiche di lavoratori». Questi “trattamenti “di favore” (l’espressione è utilizzata dallo stesso Boeri), «si ripercuotono su tutti gli altri contribuenti». Il presidente INPS cita l’esempio dei fondi speciali con conti in rosso confluiti nell’INPS e propone un ragionamento analogo per i

 

«vitalizi dei parlamentari: «vere e proprie pensioni sottratte alle riforme previdenziali degli ultimi 25 anni».

 

La richiesta: Camera e Senato rendano pubbliche le regole sui vitalizi, in modo da poter valutare la differenza dei tassi di rendimento rispetto alle pensioni degli altri lavoratori. Altra proposta all’insegna dell’armonizzazione: un prelievo di solidarietà dai redditi pensionistici elevati per finanziare la flessibilità in uscita.

 

E siamo alla flessibilità in uscita: chi vuole la pensione anticipata accetta una penalizzazione dell’assegno, spalmando il montante cumulato su un numero maggiore di mensilità. Il tutto, rispettando il diritto a uno standard di vita dignitosa; si propone un principio simile anche a chi andrà in pensione nei prossimi anni con regimi diversi dal contributivo. Si tratta di uno dei punti più contestati, ad esempio dai sindacati. A chi teme che con questo sistema si rischi una decurtazione degli assegni fino al 30-35%, risponde lo stesso Boeri: «opere di fantasia pura», sottolinea, spiegando che verosimilmente il taglio in caso di uscita anticipata sarebbe intorno al 3-3,5%.

 

Il rapporto fra contribuenti e pensionati continua a peggiorare e l’incremento della speranza di vita non basterà ad arrestare il fenomeno. Boeri proporne quindi di dare la possibilità anche a chi incassa già la pensione di versare nuovi contributi volontari, che poi diventeranno un supplemento alla rendita pensionistica. Un sistema che potrebbero adottare anche i datori di lavoro: «contributi aggiuntivi per permettere ai loro dipendenti che si ritirano prima di raggiungere l’età della pensione di vecchiaia di incrementare la loro pensione iniziale».

 

Susanna Camusso, segretaria generale CGIL, ritiene «sbagliata» la proposta Boeri in tema di flessibilità in uscita, perché «vuol dire abbassare del 30-35% le pensioni più povere» (nonostante la smentita di Boeri stesso). Annamaria Furlan, numero uno CISL, ritiene che «il ricalcolo delle pensioni col sistema contributivo per l’accesso anticipato al pensionamento provocherebbe tagli delle prestazioni, maturate dopo una vita di lavoro, compresi fra il 15 ed il 30%» e chiede al Governo di convocare un tavolo con le parti sociali per mettere a punto una proposta che favorisca la flessibilità all’insegna di una maggior equità. Contrario anche Carmelo Barbagallo, segretario UIL. Sul fronte politico, il ricalcolo contributivo per la flessibilità in uscita non piace al presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, secondo il quale è inaccettabile un anticipo dell’uscita «a carico dei lavoratori con un ricalcolo contributivo dell’assegno pensionistico» che può comportare anche tagli del 30%. I parlamentari di Scelta Civica difendono invece la linea Boeri, la Lega è molto critica, il Movimento Cinque Stelle ritiene riduttivo il reddito minimo garantito solo agli over 55enni.