contratto-enti-locali-permessi-orariContratto Enti Locali, sui permessi orari quali regole? Ecco un quesito con risposta che può offrire maggiori delucidazioni in merito.


DOMANDA:

 

La nuova enunciazione dell’art. 32 CCNL 2018, che subordina l’autorizzazione di permessi retribuiti alla indicazione di particolari motivi personali o familiari, ha convinto molti dipendenti che tale giustificativo sia di fatto il riconoscimento di ulteriori tre giorni di ferie. Pervengono pertanto richieste di fruizione di tali permessi o con indicazioni generiche “per motivi personali” o con le più originali motivazioni.

 

L’unico passaggio previsto nell’art. 32 per negare il permesso è l’inciso “compatibilmente con le esigenze di servizio” con una formulazione che sembra invertire l’onere della giustificazione.

 

Non è il dipendente a dover giustificare l’assenza, ma il datore di lavoro a dover giustificare quali esigenze di servizio impediscano il riconoscimento del diritto all’assenza.

 

Onde evitare confusione si chiede se sia possibile all’ente disciplinare la materia, magari dopo un confronto ex art.5 CCNL con le organizzazioni sindacali, individuando le fattispecie/motivazioni per le quali verrà autorizzato il permesso ed escludendo tutte le altre (prevedendo ovviamente qualche margine di discrezionalità per casi non previsti) sulla base che il riconoscimento del permesso è comunque subordinato al bilanciamento di interessi ed anche la semplice presenza in servizio è da considerarsi una “esigenza di servizio” prevalente su altre motivazioni.

 

RISPOSTA:

 

Si riportano, sul punto, le osservazioni formulate dall’Aran con parere CFL27 del 30 ottobre scorso.

 

La formulazione dell’art. 32 del CCNL Funzioni Locali 21.5.2018 in materia di permessi retribuiti non prevede più la necessità di documentare i motivi e le ragioni per le quali viene richiesto il permesso, anche se la motivazione, che consente di ricondurre tale tutela alle esigenze personali e familiari dell’interessato, va, comunque, indicata nella richiesta avanzata dal dipendente, in quanto la stessa resta il presupposto legittimante per la concessione del permesso.

 

Ove la suddetta richiesta non appaia del tutto motivata o adeguatamente giustificata, a seguito della comparazione degli interessi coinvolti (interesse del lavoratore evidenziato nella domanda alla fruizione dei permessi e ragioni organizzative e di servizio), il datore di lavoro potrà far valere la prevalenza delle esigenze di servizio, negando la concessione del permessi.

 

L’ente, tuttavia, non è chiamato in alcun modo a valutare nel merito la giustificatezza o meno della ragione addotta, ma solo la sussistenza di ragioni organizzative od operative che impediscano la concessione del permesso.

 

Quello che emerge dal parere dall’Aran è che – anche nell’ambito della nuova disciplina dell’istituto – il lavoratore non è titolare di un diritto soggettivo perfetto alla fruizione dei permessi ed il datore di lavoro pubblico non è in nessun caso obbligato a concedere gli stessi.

 

Quest’ultimo, ben può, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, anche negarne la fruizione, ma solo in presenza di ragioni organizzative od operative che ne impediscano la concessione.

 

Al fine di evitare comportamenti e risposte difformi a fronte di richieste analoghe, è possibile, e anche opportuno, regolamentare – non le fattispecie per le quali verrebbe autorizzato il permesso, perché in questo caso si andrebbe a limitare l’ambito della norma contrattuale – bensì le ragioni organizzative in cui tale permesso può essere negato.