Restano magre le risorse per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici nella legge di stabilità. I trattamenti accessori resteranno bloccati sino all’attuazione della Riforma Madia.
Per gli statali la legge di stabilità si conferma amara. Non solo arriva una mancia per il rinnovo della parte economica del contratto per la quale il Governo mette sul piatto circa 300 milioni di euro (di cui 74 milioni per le Forze Armate e i Corpi di Polizia ed altri 7 per il restante personale in regime di diritto pubblico) ma viene introdotta un’altra frenata per le possibilità di spesa nel pubblico impiego: nella versione definitiva della Stabilità viene fissata una nuova percentuale di turn over, che questa volta riguarda sia la Pa centrale sia quella locale (regioni ed enti locali sottoposti al patto di stabilità interno) e ferma per i prossimi tre anni la spesa per le assunzioni al 25% dei risparmi ottenuti con le uscite dell’anno prima.
Dunque si blocca la Riforma Madia che avrebbe visto passare al 60% dal prossimo anno lo svincolo delle nuove assunzioni sia per gli enti locali che per le amministrazioni centrali, percentuali comunque teoriche, in particolare negli enti locali dato che possibilità di nuovi ingressi sono state di fatto congelate dall’esigenza di ricollocazione del personale in uscita dalle Province, e dal prolungamento dei tempi di avvio delle operazioni di mobilità. C’è solo una deroga al limite del 25%: negli enti territoriali interessati dal processo di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali la percentuale del turn-over viene fissata all’80% proprio per consentire l’assorbimento degli esuberi provenienti dalle ex-province. Un’altra deroga al turn over salita sul treno della stabilità riguarda i comuni di piccole dimensioni che si sono fusi o le unioni di comuni.
Sempre sul fronte dei tagli ci sarà una sforbiciata del 10% ai fondi per gli uffici di diretta collaborazione dei ministri ed un tetto ai trattamenti accessori del personale (anche di qualifica dirigenziale) che non potranno salire rispetto al 2015 in attesa della riduzione a quattro dei comparti e dell’attuazione della Riforma Madia sul pubblico impiego. A spuntarla, nell’ultima versione del testo, sono i dirigenti pubblici che non vedranno la riduzione del 10% dei fondi per la retribuzione di risultato come si era ipotizzato in un primo tempo; di converso si conferma un alleggerimento degli organici dato che saranno resi indisponibili i posti dirigenziali vacanti in prima e seconda fascia nelle amministrazioni statali.
Tagli interessano anche la scuola con una sforbiciata di 60 milioni per le supplenze brevi e altri due milioni l’anno, dal 2016 al 2018, per le supplenze nelle scuole all’estero. Unica novità nel panorama magro è riservata per il comparto difesa e sicurezza che vedrà l’erogazione di 960 euro in busta paga in più il prossimo anno.
Uil: Necessarie iniziative comuni da Gennaio.
Profonda la delusione dei sindacati che hanno sperato sino all’ultimo in un ripensamento sul pubblico impiego. Secondo la Uil la perdita accumulata, in termini economici, dal 2010 a oggi, cioè da quando non ci sono stati più aumenti dello stipendio, per un dipendente base con uno stipendio di 26 mila euro, ogni impiegato, di tasca propria, ha perso in media 2.800 euro lordi in rapporto all’inflazione programmata».
«Se le risorse che verranno stanziate per i rinnovi saranno di 300 milioni di euro anche per il 2017 e il 2018 non ci saranno le condizioni per firmare l’intesa» dichiara Antonio Foccillo segretario confederale Uil che rilancia «a gennaio, con gli altri sindacati, decideremo cosa fare. Il percorso è avviato». A preoccupare è anche la perdita economica che riguarda la seconda metà del 2015, da luglio a oggi, un periodo che sembra non essere stato preso in considerazione dal governo. «Dovremmo vederci a un tavolo e invece non si fa niente» incalza Foccillo che punta a una nuova contrattazione di secondo livello per il prossimo anno.