Contratti a termine nella PA e risarcimento danni: la Cassazione, con la Sentenza n.3189/2019, delinea quali devono essere le regole in questi casi delicati.
La vicenda muove da un ricorso proposto da un dipendente per l’abusiva reiterazione di contratti di lavoro a termine da parte dell’ente pubblico datoriale.
La decisione
Nell’impiego pubblico contrattualizzato il danno non consiste nella perdita del posto di lavoro, e, quindi, la domanda risarcitoria non può essere fondata sullo stato di disoccupazione del lavoratore né il pregiudizio subito può essere commisurato, come sostiene la ricorrente, a tutte le retribuzioni che la stessa avrebbe percepito qualora fosse stata assunta a tempo indeterminato.
In caso di violazione dei divieti di contratto a termine nella PA si prevede un diverso e specifico regime sanzionatorio che passa attraverso la responsabilizzazione del dirigente pubblico e il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni subiti dal lavoratore, ove ne ricorrano i presupposti.
Per le suddette motivazioni – prosegue la Corte – la sentenza deve essere cassata con rinvio al Giudice dell’appello che dovrà procedere ad un nuovo esame attenendosi ai principi sopra enunciati.
Bisogna comunque evidenziare che, ai fini del risarcimento del danno sul lavoratore non può gravare un impossibile onere della prova, con previsione di una indennità compresa tra 2,5 e 12 mensilità.
La Cassazione ha infatti stabilito che:
- il lavoratore pubblico, e non quello privato, ha diritto a tutto il risarcimento del danno, vale a dire a 12 mensilità, e non deve fornire alcuna prova del danno;
- il lavoratore pubblico può anche provare di aver subito un danno maggiore delle 12 mensilità, ad esempio perché le chance di lavoro che ha perso perché impiegato in reiterati contratti a termine in violazione di legge si sono tradotte in un danno patrimoniale più elevato.
A questo link il testo completo della Sentenza della Cassazione.
Se ci rientrassero tutte le supplenze nella scuola sarebbe un diluvio di domande risarcitorie