contratti a termineDecreto Dignità approvato in prima battuta alla Camera.  I contratti a termine attendono la decisione della seconda Camera.


La stretta sui contratti a termine viaggia verso l’approvazione definitiva. A parte qualche ritocco l’impianto normativo dell’articolo 1 del decreto legge 87/2018 – licenziato ieri in prima lettura dalla Camera dei Deputati ed ora trasmesso al Senato – passa senza particolari stravolgimenti rispetto al testo originariamente predisposto dal Governo.

Contratti a termine: approvazione camera. Il testo passa al Senato

 

Nello specifico resta confermata la reintroduzione delle causali per i contratti a tempo determinato di durata oltre 12 mesi incluse le proroghe. Il datore di lavoro dovrà cioè giustificare l’apposizione del termine al contratto per una delle seguenti causali: a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attivita’, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori; b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attivita’ ordinaria.

 

In presenza di una di queste condizioni già a partire dal primo contratto sarà possibile apporre un termine, comunque, non superiore a 24 mesi (dai 36 mesi previgenti). Per il rinnovo serve sempre la causale mentre la proroga del contratto è libera se la durata non eccede i 12 mesi. Le proroghe possibili scendono, inoltre, dalle previgenti 5 a 4. 

 

Patto di non concorrenza: di cosa si tratta?

 

Normativa più flessibile per i contratti a termine nelle attività stagionali che potranno essere liberamente stipulabili purchè la durata iniziale non risulti superiore a 12 mesi (è invece sempre ammessa la proroga o il rinnovo nel rispetto della durata massima dei 24 mesi).

 

Un emendamento approvato nel corso dell’esame in Commissione ha previsto un regime transitorio: le nuove regole si applicheranno ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legge (14 Luglio 2018), nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018.

 

Il passaggio in Parlamento chiarisce pure i termini per la conversione del contratto a tempo indeterminato: se viene stipulato un contratto di durata superiore a dodici mesi senza la causale, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi; la trasformazione a tempo indeterminato scatta pure in caso di violazione dei requisiti per proroghe e rinnovi.

 

 

 

Rinnovi più cari

Confermato l’aumento del costo del rinnovo del contratto a termine: ad ogni rinnovo i datori di lavoro dovranno pagare un’addizionale più cara dello 0,5% rispetto all’attuale 1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Il rincaro però non si applicherà al settore domestico (es. colf e badanti).

 

La Forma e il termine per impugnare

Con il decreto viene, inoltre, soppressa la norma secondo cui il termine del contratto di lavoro era valido anche qualora risultasse solo indirettamente da un atto scritto. Ad eccezione dei soli rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l’apposizione del termine al contratto deve risultare da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.

L’atto scritto deve contenere, in caso di rinnovo, la specificazione delle esigenze in base alle quali è stipulato; in caso di proroga dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi.

 

Da segnalare, infine, che viene elevato da 120 a 180 giorni il termine – posto a pena di decadenza e decorrente dalla cessazione temporale del contratto – per l’impugnazione del carattere a tempo determinato del contratto di lavoro. Il lavoratore avrà cioè più tempo per far valere eventuali violazioni.

 

 

Invariati gli stop and go

Resta invariata le disciplina dei cd. stop and go cioè le riassunzioni a tempo determinato con soluzioni di continuità rispetto al precedente rapporto.

 

Continua, quindi, a restare in vigore il divieto di ricorrere ad esse entro un determinato periodo; quest’ultimo decorre dalla scadenza del precedente contratto a termine ed è pari a 10 giorni qualora il medesimo contratto avesse una durata pari o inferiore a 6 mesi, ovvero a 20 giorni qualora la durata del precedente contratto fosse superiore a 6 mesi. Nell’ipotesi di violazione del divieto suddetto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato.