congedo-obbligatorio-maternitaEcco una guida sintetica, ma approfondita, con tutte le informazioni utili riguardanti il congedo obbligatorio di maternità.


In articoli passati abbiamo parlato a vario titolo del congedo parentale (maggiori informazioni qui): in questo articolo, invece, ci concentreremo nello specifico sul congedo obbligatorio di maternità.

La legge, infatti, tutela la lavoratrice madre nelle diverse fasi della gravidanza e nei primi anni di vita del bambino.

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Congedo obbligatorio maternità: di cosa si tratta?

Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza. 

In presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo, l’astensione dal lavoro spetta al padre (congedo di paternità). Il diritto al congedo e alla relativa indennità è previsto anche in caso di adozione o affidamento di minori.

Esso consiste in un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per la madre che copre:

  • un arco di tempo pari a 5 mesi a cavallo del parto
  • o due mesi precedenti la data presunta del parto e tre dopo
  • oppure 1 mese e 4
  • o infine, novità dal 2019, 5 mesi subito dopo il parto.

La scelta di avvalersi del congedo di maternità flessibile (1+4) è della lavoratrice, purché vi sia un attestato del medico del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato avallato dal medico competente in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nel quale certifichino l’assenza di rischio alla salute della lavoratrice e alla corretta prosecuzione della gravidanza.

Le novità nel congedo dal 2019

Come accennato sopra, la ovità per la maternità per il 2019 è la possibilità di fruire del congedo obbligatorio nei 5 mesi successivi al parto.

Questa possibilità ulteriore è stata introdotta con l’ultima legge di bilancio e stabilisce che le madri lavoratrici possano fruire del congedo obbligatorio di 5 mesi a partire dalla data del parto.

Anche in questo caso, come nel precedente congedo flessibile 1+4, vi deve essere una specifica autorizzazione da parte del medico del SSN avallato dal medico competente che attesti l’assenza di rischi per la madre e per il nascituro.

Che cosa si intende per obbligatorietà?

Oltre ad essere un obbligo del datore di lavoro si tratta anche di un diritto indisponibile per la lavoratrice, ciò significa che in nessun caso l’astensione può essere oggetto di rinuncia, neppure a fronte di comprovata certificazione medica attestante le condizioni di buona salute della lavoratrice.

L’obbligatorietà del congedo per le lavoratrici dipendenti è sancita dal Testo Unico sulla maternità e paternità (decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151) che vieta ai datori di lavoro di adibire le donne al lavoro durante il periodo di congedo di maternità.

Dal 14 giugno 2017, data di entrata in vigore della legge 22 maggio 2017, n. 81, il congedo di maternità non è più obbligatorio per le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata. La relativa indennità, pertanto, è riconosciuta a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa.

A chi, cosa e quandocongedo-obbligatorio-maternita-requisiti

Qui di seguito alcune informazioni essenziali sui beneficiari della misura, le specifiche e le casistiche varie.

A chi spetta?

  • alle lavoratrici dipendenti assicurate all’Inps anche per la maternità, comprese le lavoratrici assicurate ex IPSEMA
  • (apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti) aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo
  • poi alle disoccupate o sospese se ricorre una delle seguenti condizioni (art. 24 T.U.):
    • il congedo di maternità sia iniziato entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro
    • il congedo di maternità sia iniziato oltre i predetti 60 giorni, ma sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità oppure alla cassa integrazione. Per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori esclusi dal contributo per la disoccupazione, il diritto all’indennità  di maternità sussiste a condizione che il congedo di maternità sia iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e che siano stati versati all’Inps 26 contributi settimanali negli ultimi due anni precedenti l’inizio del congedo stesso
  • e anche alle lavoratrici agricole a tempo indeterminato ed alle lavoratrici agricole tempo determinato che nell’anno di inizio del congedo siano in possesso della qualità di bracciante comprovata dall’iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (art. 63 T.U.)
  • poi alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) che hanno
    26 contributi settimanali nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo stesso (art. 62 del T.U.)
  • alle lavoratrici a domicilio (art. 61 T.U.)
  • infine alle lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità di cui all’art. 65 del T.U.)

A chi non spetta?

Non spetta alle lavoratrici dipendenti da Amministrazioni Pubbliche (incluse le lavoratrici dipendenti dai soppressi enti Inpdap ed Enpals) le quali sono tenute agli adempimenti previsti dalla legge in caso di maternità verso l’amministrazione pubblica dalla quale dipendono (artt. 2 e 57 del T.U.)

congedo-durataCosa spetta ai beneficiari, quando e quanto dura?

A chi fruisce del congedo obbligatorio, nello specifico, tocca un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro che comprende (artt. 16 e seguenti del T.U.):

  • prima del parto
    • i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (salvo flessibilità) e il giorno del parto
    • i periodi di interdizione anticipata disposti dall’azienda sanitaria locale (per gravidanza a rischio) oppure dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili)
  • dopo il parto
    • i 3 mesi successivi al parto (salvo flessibilità) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta e la data effettiva.
    • In caso di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), ai tre mesi dopo il parto si aggiungono i giorni non goduti prima del parto, anche qualora la somma dei 3 mesi di post partum e dei giorni compresi tra la data effettiva del parto ed la data presunta del parto, superi il limite complessivo di cinque mesi;
    • i periodi di interdizione prorogata disposti dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il periodo successivo al parto).

Se volete avere maggiori informazioni su quando comunicare una gravidanza a Scuola potete leggere qui il nostro approfondimento sull’argomento.

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Quanto spetta?

Durante i periodi di congedo di maternità la lavoratrice  ha diritto a percepire un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente l’inizio del congedo di maternità. Quindi, solitamente, l’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo (articoli 22 e seguenti del TU).

Per gli iscritti alla Gestione Separata, se il reddito deriva da attività libero professionale o di collaborazione coordinata e continuativa parasubordinata, l’indennità di congedo è pari all’80% di 1/365 del reddito.

L’indennità:

  • è anticipata in busta paga dal datore di lavoro
  • mentre invece è pagata direttamente dall’INPS con bonifico postale o accredito su conto corrente bancario o postale a:
    • lavoratrici stagionali;
    • operaie agricole (salva la facoltà di anticipazione dell’indennità, da parte del datore di lavoro, in favore delle operaie agricole a tempo indeterminato);
    • lavoratrici dello spettacolo saltuarie o a termine;
    • addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti);
    • lavoratrici disoccupate o sospese

Casi particolari congedo-obbligatorio-maternita-casi

Ci sono una serie di casi particolari che influiscono direttamente o indirettamente sul congedo che andiamo a elencare qui di seguito.

Parto gemellare e data del parto

Ad esempio, in caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità non varia.

Inoltre, la data del parto è giorno a sé rispetto ai due mesi di ante partum e ai tre mesi post partum e, pertanto, tale giorno deve essere sempre aggiunto ai consueti cinque mesi di congedo di maternità.

Ricovero in una struttura e congedo successivo al parto

Occorre aggiungere che se il neonato è ricoverato in una struttura, pubblica o privata, la madre può sospendere anche parzialmente il congedo successivo al parto (articolo 16 bis, comma 1 del TU) e riprendere l’attività lavorativa. La madre usufruirà del periodo di congedo residuo a partire dalle dimissioni del bambino. Questo diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio, solo se le condizioni di salute della madre sono compatibili con la ripresa dell’attività lavorativa (articolo 16 bis, comma 2 del TU) e accertate da attestazione medica.

Adozione o affidamento

Poi, in caso di adozione o affidamento, la sospensione del periodo di congedo di maternità per il ricovero del minore è prevista solo per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, sempre che sia stata ripresa l’attività lavorativa (articolo 26, comma 6 bis).

Secondo quanto previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, per l’adozione o l’affidamento nazionale di minore il congedo di maternità spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato prima dell’adozione.

Adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali

Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali, il congedo spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in Italia del minore adottato o affidato, con il periodo di congedo che può essere fruito anche parzialmente prima dell’ingresso in Italia del minore. Se l’affidamento non è preadottivo, il congedo spetta alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti per tre mesi, anche frazionato su cinque mesi, a partire dall’affidamento del minore. Tale congedo non spetta invece alle lavoratrici e ai lavoratori iscritti alla Gestione Separata.

Interruzione di gravidanza

Infine, in caso di interruzione di gravidanza dopo 180 giorni dall’inizio della gestazione o di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice – dipendente o iscritta alla Gestione Separata – può astenersi dal lavoro per l’intero periodo di congedo di maternità, tranne se rinuncia alla facoltà di fruire del congedo di maternità (articolo 16, comma 1 bis del TU, modificato dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119).

Ricordiamo che anche al personale scolastico spetta il congedo parentale: maggiori informazioni qui.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it