Crescono le tutele per le lavoratrici in caso di parti fortemente prematuri. Lo prevede un passaggio del decreto sulla conciliazione vita-lavoro. I giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto anche qualora la somma dei due periodi superi il limite complessivo di cinque mesi. Lo ricorda l’Inps nella Circolare 69/2016 pubblicata ieri a chiarimento delle novità introdotte con il recente decreto conciliazione vita lavoro (Dlgs 80/2015).
La novella, ricorda l’Inps, interessa le lavoratrici dipendenti e le lavoratrici iscritte alla Gestione separata e riguarda i casi patologici di parti fortemente prematuri, in cui il bambino nasce più di due mesi prima dell’inizio del congedo obbligatorio: in questi casi, ancorare la durata massima del congedo al limite di cinque mesi si risolve in una disparità di trattamento nei confronti del prematuro, che necessita di cure costanti e della presenza della figura materna.
Rispetto a questi parti, la disciplina previgente prevedeva un congedo di maternità coincidente con i 5 mesi successivi al giorno del parto. Ora invece il congedo si calcola aggiungendo ai 3 mesi post partum tutti i giorni compresi tra la data del parto fortemente prematuro e la data presunta del parto, risultando così di durata complessivamente maggiore rispetto al periodo di 5 mesi precedentemente previsto.
A spiegazione della novità l’Inps produce l’esempio di una lavoratrice la cui data effettiva del parto sia avvenuta il 30 Giugno 2015 mentre quella presunta sarebbe stata il 20 settembre 2015 (con inizio dei due mesi ante partum dal 20 luglio 2015). La durata del congedo di maternità partirà dal 30 giugno 2015 al 20 dicembre 2015 sforando così il numero massimo di cinque mesi previsto in precedenza. Tale durata si determina calcolando la data del parto + tre mesi post partum (dal 30/6/2015 al 30/9/2015) + 81 giorni (62 giorni relativi ai due mesi ante partum + 19 giorni che intercorrono tra la data effettiva del parto e l’inizio dei due mesi ante partum). L’Inps ricorda che i 62 giorni sono conteggiati dal 20/7/2015 al 19/9/2015, mentre i 19 giorni sono conteggiati dal giorno successivo al parto fino al giorno precedente la data di inizio dell’ante partum, nella fattispecie dall’1/7/2015 al 19/7/2015.
Il criterio di calcolo del periodo di congedo non cambia se la lavoratrice alla data del parto si trova in interdizione anticipata. Se la lavoratrice ha un provvedimento di interdizione posticipata gli 81 giorni (62+19) si aggiungono al termine dei 7 mesi dopo il parto.
E’ bene precisare che la riforma in esame non comporta di fatto variazioni nei casi in cui il parto prematuro si verifichi all’interno dei due mesi ante partum, ossia quando il congedo obbligatorio ante partum è già iniziato: per tali eventi infatti il congedo post partum risulta coincidente, come in precedenza, con i 3 mesi dopo il parto ai quali vanno aggiunti i giorni di congedo ante partum non goduti. Ad esempio se, proseguendo l’esempio di sopra, la lavoratrice partorisse il 31 luglio, avendo già iniziato a fruire del congedo ante partum (dal 20 luglio) i giorni non goduti (51) si aggiungono alla fine dei tre mesi post partum consentendo alla lavoratrice di assentarsi dal lavoro sino al 20 dicembre 2015, per un periodo massimo di cinque mesi. Rimane fermo che la domanda di maternità, anche nei casi di parto fortemente prematuro, va sempre corredata con il certificato medico attestante la data presunta del parto.
Per i parti che si sono verificati in data anteriore alla data del 25 giugno 2015, data in cui è entrato in vigore il decreto legislativo 80/2015, e il cui congedo post partum non si era ancora concluso alla data stessa, è possibile riconoscere l’indennità di maternità anche per gli ulteriori giorni di congedo, a condizione che la lavoratrice si sia effettivamente astenuta dal lavoro nei giorni indennizzabili.