Già a settembre 2016 si commentava una sentenza della Corte di Cassazione, n. 12898 del 22/6/2016, con la quale si riteneva legittimo il licenziamento disciplinare irrogato per il danno all’immagine e al prestigio della P.A. per attività di prostituzione, propagandata attraverso siti internet.
Dopo la Corte di Cassazione, n. 12898 del 22/6/2016, il 24 novembre è arrivata una nuova sentenza della Cassazione, n. 24023 affermando che “l’onere di allegazione dell’incidenza, irrimediabilmente lesiva del vincolo fiduciario, del comportamento extra lavorativo del dipendente è assolto dal datore di lavoro con la specifica deduzione del fatto in se, quando abbia un riflesso, anche soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto compromettendo le aspettative di un futuro eventuale adempimento dell’obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività, di gravità tale, per contrarietà alle norme dell’etica e del vivere civile comuni, da connotare la figura morale del lavoratore, tanto più se inserito in un ufficio di rilevanza pubblica a contatto con utenti“. Dunque, ancora una volta viene sanzionato, in modo pesante, un comportamento extra-lavorativo ma che mina il rapporto fiduciario.
Chiaramente le questioni vanno analizzate caso per caso. Per esempio, in materia di diritto di critica, si è affermato che “In tema di licenziamento per violazione dell’obbligo di fedeltà, il principio secondo cui il carattere extralavorativo di un comportamento non ne preclude la sanzionabilità in sede disciplinare, quando la natura della prestazione dovuta richieda un ampio margine di fiducia esteso ai comportamenti privati del lavoratore, non trova applicazione ove il comportamento del prestatore si estrinsechi in atti che siano espressione della libertà di pensiero, in quanto la tutela di valori tutelati costituzionalmente (art. 21 Cost.) non può essere recessiva rispetto ai diritti-doveri connaturati al rapporto di lavoro (Cass. 16/2/2011 n. 3822).
Mentre, come da massima richiamata in precedenza, sembra essere abbastanza consolidato l’orientamento punivo volto a sanzionare “ i comportamenti tenuti dal lavoratore nella sua vita privata ed estranei perciò all’esecuzione della prestazione, allorché siano di natura tale da far ritenere il dipendente inidoneo alla prosecuzione del rapporto lavorativo – specialmente quando lo stesso, per le sue caratteristiche, richiedeva, come nella specie, un peculiare margine di fiducia e di affidamento, rientrando in tale ambito anche i comportamenti del lavoratore potenzialmente pregiudizievoli per il datore di lavoro nonostante l’assenza di un concreto danno patrimoniale a suo carico”. (Cass. n. 9354/99; Cass. n. 7768/96; Cass. n. 6814/91) (Cass. 7/11/00, n. 14457). Il Codice di condotta per i dipendenti pubblici afferma nella parte generale che il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialita’ dell’azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l’interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui e’ titolare. Ed anche che il dipendente rispetta altresi’ i principi di integrita’, correttezza, buona fede, proporzionalita’, obiettivita’, trasparenza, equita’ e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialita’, astenendosi in caso di conflitto di interessi.
Principi generali che possono essere utilizzati per valutare il comportamento extra-lavorativo del personale della PA. In modo specifico all’articolo 10 del citato Codice si prevede che “Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, ne’ menziona la posizione che ricopre nell’amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all’immagine dell’amministrazione.” Mentre il licenziamento è espressamente previsto in caso di condanna penale definitiva, in relazione alla quale e’ prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro. Ma non dobbiamo neanche dimenticare la responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l’amministrazione . “La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54, comporta l’applicazione nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per l’applicazione di un’altra sanzione disciplinare, della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento.”Insomma regole sempre più stringenti, anche se è difficile estrapolare una casistica ben definita e tassativa in materia, il tutto, come già ricordato, andrà analizzato caso per caso.