anagrafica personale PALa Commissione Bilancio ha approvato alcuni emendamenti che riguardano il personale degli enti locali.


 

In particolare, è intervenuta sull’esclusione degli incentivi tecnici dal tetto del salario accessorio e sulla possibilità di destinare, com’era in parte successo per l’Ici, una percentuale del gettito dell’IMU (imposta municipale propria) al potenziamento degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate, anche comprendendo nel programma di potenziamento la possibilità di attribuire compensi incentivanti al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore entrate, anche con riferimento all’impianto e allo sviluppo delle attività connesse alla partecipazione del comune all’accertamento dei tributi erariali e dei contributi sociali evasi.

 

Diversamente da quanto allora previsto per l’Ici, se l’emendamento diventasse norma di legge, l’incentivo non sarebbe destinato solo al personale impegnato per il recupero dell’evasione dell’Imu, ma a tutto il personale del settore entrate.

 

Molto interessate la previsione di un’incentivazione al personale che partecipa alla lotta all’evasione dei tributi erariali e dei contributi sociali.

 

L’istituto della partecipazione dei Comuni al procedimento di accertamento nasce nel 1973 con l’obiettivo di perseguire, attraverso la repressione dell’evasione, gli obiettivi di perequazione e di giustizia fiscale posti a base del dettato costituzionale.

 

In passato, la possibilità per i Comuni di incrementare gli elementi di accertamento in possesso dell’Amministrazione finanziaria, con ulteriori dati e notizie sui contribuenti residenti nel proprio territorio, è stata poco praticata, così divenendo oggetto di tacita disapplicazione anche da parte degli uffici finanziari.

 

Già l’articolo 44 del D.P.R. 600 del 1973 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) prevedeva che i Comuni partecipassero all’accertamento dei redditi delle persone fisiche.

 

Successivamente, è stata prevista una quota premiale a favore dei Comuni.  L’incentivazione era stata, in sede di prima applicazione, stabilita nella misura del 30% delle maggiori somme concernenti i tributi riscossi in via definitiva, mentre nel 2010 è stata elevata al 33%, per raggiungere, poi, il 50% nel 2011, anche relativamente alle somme non definitivamente riscosse.

 

Per incoraggiarne la partecipazione all’attività di accertamento dei tributi erariali, con il maxiemendamento approvato in sede di conversione del D.L. n. 138/2011, cd decreto sviluppo, con il comma 12bis, per gli anni 2012, 2013 e 2014 la quota di partecipazione dei Comuni è stata elevata al 100% delle maggiori somme riscosse.

 

Con la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), art. 1, comma 702, l’incentivo veniva fissato al 55 % (in via provvisoria) ma tale disposizione non è mai entrata in vigore. L’art. 10, comma 12 duodecies, del D.L. n. 192/2014, convertito con modifiche dalla Legge 27 febbraio 2015, n. 11 (c.d. decreto mille proroghe), ha riportato la quota a vantaggio dei Comuni al 100%, anche per il triennio 2015/2017.

 

Adesso oltre a spingere i Comuni, la Commissione Bilancio ha previsto un incentivo per il personale coinvolto, da finanziaria con gli introiti della lotta all’evasione dell’Imu. In Sicilia si è posto il problema dell’effettiva disponibilità dello Stato rispetto alle entrate erariali riscosse nel territorio dell’Isola, alla luce delle previsioni dello Statuto.

 

In effetti, lo Stato non può decidere in merito a detti introiti fiscali, poiché ciò sarebbe in contrasto con le norme statutarie ed in particolare con l’art. 36, primo comma (“Al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima”) e l’art.2, primo comma, delle norme di attuazione in materia finanziaria.

 

Alla Regione siciliana spettano, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato, con apposite leggi, alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato, specificate nelle leggi medesime.

 

Per questo, in Sicilia, si è reso necessario un apposito intervento legislativo, che ha fatto seguito ad un accordo siglato tra Anci Sicilia, Agenzia delle entrate e Regione.

 

La L.r. n. 26 del 9 maggio 2012, art. 8, comma 13, ha previsto che l’incentivo ai comuni siciliani potesse essere concesso solo nella misura del 33% delle maggiori somme definitivamente riscosse.

 

Il comma 1 dell’art. 5 della L.r. n. 5/2014 (cosiddetta legge finanziaria regionale) ha, però, previsto, al fine di incoraggiare la partecipazione dei Comuni siciliani all’attività di accertamento tributario, la quota del 100 per cento delle maggiori somme accertate e riscosse, a seguito di segnalazioni qualificate di elementi evasivi ed elusivi.

 

La misura è stata valida per il triennio 2014-2016 e prevedeva la possibilità che sull’Isola l’incentivo fosse elargito solo per le somme riscosse a titolo definitivo. Per quanto riguarda, invece, gli incentivi tecnici previsti dall’articolo 113, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016, la Sezione Autonomie della Corte dei Conti con la deliberazione n. 7 assunta all’adunanza del 30 marzo 2017 (depositata il 6 aprile 2017) ha sancito il principio di diritto per il quale, a differenza degli incentivi di progettazione previsti dal D. Lgs. n. 163/2006, le relative somme sono da includere nel tetto dei trattamenti accessori di cui all’articolo 1, comma 236, l. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016).

 

Secondo l’Anci, l’interpretazione della Sezione Autonomie della Corte dei Conti tale interpretazione comporterebbe un calo dei trattamenti economici accessori di tutti gli altri dipendenti. In conseguenza di ciò, le trattative dei contratti decentrati per l’anno 2017 non sono ancora concluse e molti Comuni non hanno, di proposito, adottando i regolamenti per gli incentivi tecnici evitando, dunque, l’erogazione dei compensi dovuti.

 

Per questi motivi, l’Associazione dei Comuni ha chiesto al Parlamento l’approvazione dell’emendamento che la stessa ha presentato alla Legge di Bilancio (AS 2960) e che ha come obiettivo l’esclusione di tali incentivi dal tetto del salario accessorio 2016, in coerenza con le interpretazioni della Corte dei Conti fino al 2015.

 

L’art. 1, comma 236, della legge di stabilità 2016 impone un limite al trattamento accessorio del personale delle amministrazioni “a decorrere dal 1° gennaio 2016” senza stabilire alcun termine finale per la vigenza del vincolo come, invece, prevedeva l’art. 9, comma 2 bis, del D. L. n. 78/2010 che fissava sino al 31 dicembre 2014 il termine per il contenimento dell’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale rispetto al medesimo ammontare dell’esercizio 2010.

 

Una volta appurata la vigenza del limite al salario accessorio (che non può essere superiore a quello del 2015), la Sezione Autonomie ha deliberato in merito al trattamento riservato agli incentivi di cui all’art. 113 del D.Lgs. n. 50/2016.

 

Il secondo comma di detto articolo prevede che le amministrazioni aggiudicatrici destinano ad un apposito fondo risorse finanziarie, in misura non superiore al 2 per cento modulate sull’importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti delle stesse esclusivamente per le attività di programmazione della spesa per investimenti, di valutazione preventiva dei progetti, di predisposizione e di controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici, di RUP, di direzione dei lavori ovvero direzione dell’esecuzione e di collaudo tecnico amministrativo ovvero di verifica di conformità, di collaudatore statico ove necessario per consentire l’esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti.

 

Gli enti che costituiscono o si avvalgono di una centrale di committenza, inoltre, possono destinare il fondo o parte di esso ai dipendenti di tale centrale. Questa previsione si applica agli appalti relativi a servizi o forniture nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione. La previsione legislativa non permette alcuna estensione delle attività che consentono di accedere alla ripartizione del fondo che sono indicate nella norma.

 

Il compenso incentivante, previsto per talune categorie di dipendenti pubblici, riguarda l’espletamento di specifiche e determinate attività di natura tecnica non più legate alla fase propedeutica alla realizzazione di opere pubbliche, quale ad esempio la progettazione, quanto piuttosto a quelle della programmazione, predisposizione e controllo delle procedure di gara e dell’esecuzione del contratto.

 

Il compenso incentivante, finalizzato a stimolare una più attenta gestione delle fasi della programmazione e dell’esecuzione dei contratti pubblici, è applicabile sia ai contratti di appalto di lavori o opere sia a quelli di forniture e servizi (cfr. artt. 21 e 101 d.lgs. n. 50/2016). Il problema sottoposto alla Sezione Autonomie riguardava la possibilità di escludere detti incentivi dal tetto del salario accessorio, ai fini dell’applicabilità dell’art. 1, comma 236, l. n. 208/ 2015.

 

Le Sezioni Riunite, con la pronuncia n. 51/2011, avevano individuato e tipicizzato, come criterio generale di esclusione dal limite di spesa posto dall’art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78/2010, tutti quei compensi per prestazioni professionali specialistiche offerte da soggetti qualificati, tra cui l’incentivo per la progettazione ex art. 93, comma 7-ter, d.lgs. n. 163/2006.

 

La barriera imposta alla crescita dei fondi integrativi rispetto ad un’annualità di riferimento e nell’automatica riduzione del fondo in misura proporzionale alla contrazione del personale in servizio è di rigida interpretazione, al fine di evitare l’effetto di proliferazione della spesa per il personale determinato dalla contrattazione integrativa, i cui meccanismi hanno finito per vanificare l’efficacia delle altre misure di contenimento della spesa (tra cui i vincoli assunzionali).

 

Le Sezioni Riunite hanno individuato quale criterio discretivo la circostanza che determinati compensi siano remunerativi di “prestazioni tipiche di soggetti individuati e individuabili” le quali potrebbero essere acquisite anche attraverso il ricorso a personale estraneo all’amministrazione pubblica con possibili costi aggiuntivi.

 

Sulla base dei requisiti individuati dalle Sezioni Riunite potevano oltrepassare il tetto fissato per il fondo, ad esempio, le risorse trasferite all’Amministrazione per incarichi nominativamente affidati a specifici dipendenti; le risorse trasferite dall’ISTAT per il censimento 2011, gli incrementi del fondo realizzati con risorse UE, i compensi professionali degli avvocati in relazione a sentenze favorevoli all’Amministrazione.

 

Sussistendo le condizioni previste, anche gli incentivi per la progettazione di cui all’art. 93, comma 7-ter, d.lgs. n. 163/2006, sono stati esclusi dall’ambito applicativo dell’art. 9, comma 2-bis, andando a compensare prestazioni professionali afferenti ad attività sostanzialmente finalizzata ad investimenti. Il compenso incentivante, previsto dall’art. 113, comma 2, del nuovo codice degli appalti, però, secondo i magistrati contabili non è del tutto analogo a quello previsto dall’art. 93, comma 7-ter, del D. Lgs. n. 163/2006, oggi abrogato.

 

Già in sede di legge delega (art. 1, comma 1, lett. rr, l. n. 11/2016) il Parlamento aveva previsto che, diversamente da quanto avveniva prima, tale compenso dovesse remunerare esclusivamente specifiche e determinate attività di natura tecnica svolte dai dipendenti pubblici, tra cui quelle della programmazione, predisposizione e controllo delle procedure di gara e dell’esecuzione del contratto “escludendo l’applicazione degli incentivi alla progettazione”.

 

Mentre l’art. 113, comma 1, prevede che “gli oneri inerenti alla progettazione, alla direzione dei lavori ovvero al direttore dell’esecuzione, alla vigilanza, ai collaudi tecnici e amministrativi ovvero alle verifiche di conformità, al collaudo statico, agli studi e alle ricerche connessi, alla progettazione dei piani di sicurezza e di coordinamento … fanno carico agli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti”.

 

La stessa Sezione Autonomie, con deliberazione n. 18/SEZAUT/2016/QMIG, aveva sottolineato come la nuova normativa, sostitutiva della precedente, abolisse gli incentivi alla progettazione ed introducesse nuove forme d’incentivazione per funzioni tecniche.

 

Rispetto alla sussistenza dei requisiti fissati dalle Sezioni Riunite, per l’esclusione degli incentivi tecnici dal calcolo del limite del salario accessorio, la Sezione Autonomia ha ritenuto che non ricorressero più gli elementi che consentivano di qualificare la relativa spesa come finalizzata ad investimenti.

 

Il fatto che tali emolumenti siano erogabili, con carattere di generalità, anche per gli appalti di servizi e forniture comporta che gli stessi si configurino, in maniera inequivocabile, come spese di funzionamento e, dunque, come spese correnti (e di personale). Gli incentivi di cui trattasi non vanno più a remunerare, com’era in vigenza del D.Lgs. 163/2006, “prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati e individuabili” acquisibili anche attraverso il ricorso a personale esterno alla P.A.

 

Nella nuova formulazione della norma, così com’è scritta nell’art. 113, comma 3, D. Lgs. n. 50/2016, c’è una diversa previsione di ripartizione delle somme. La parte più consistente delle risorse (l’80%) è destinata ad incentivare, per ciascuna opera o lavoro, servizio o fornitura, con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di un apposito regolamento adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti, il responsabile unico del procedimento e i soggetti che svolgono le funzioni tecniche espressamente indicate al comma 2 nonché tra i loro collaboratori.

 

L’intento del legislatore è stato quello di ampliare il novero dei beneficiari degli incentivi in esame, individuati nei profili, tecnici e non, dei dipendenti pubblici coinvolti nelle diverse fasi del procedimento di spesa, dalla programmazione (che nel nuovo codice dei contratti pubblici, all’art. 21, è resa obbligatoria anche per l’acquisto di beni e servizi) all’esecuzione del contratto.

 

Nella riscrittura operata dal nuovo codice degli appalti, risultano assolutamente salvaguardati i beneficiari dei pregressi incentivi alla progettazione i quali sono oggi remunerati con un meccanismo diverso dalla ripartizione del fondo. Gli incentivi per funzioni tecniche di cui all’articolo 113, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, pertanto, secondo la Sezione Autonomie della Corte dei Conti sono da includere nel tetto dei trattamenti accessori di cui all’articolo 1, comma 236, l. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016).

 

Certamente l’interpretazione della Corte dei Conti porta ad una comparazione di dati non omogenei, confrontando un valore in cui gli incentivi alla progettazione erano esclusi con un valore in cui gli incentivi per funzioni tecniche sono inclusi nel calcolo per determinare il tetto non superabile.

 

Adesso è la Commissione Bilancio, con l’emendamento di cui trattasi, a provare a risolvere la questione molto controversa che lasciava ai Comuni una scelta difficile tra privilegiare gli incentivi per funzioni tecniche o gli altri istituti contrattuali.