soldi-calcolatriceCom’è noto, al compimento del 65° anno di età, le prestazioni economiche assistenziali erogate per gli invalidi civili (totali e parziali) e per i sordomuti titolari di pensione non reversibile, vengono trasformate automaticamente in assegno sociale. Si tratta di un principio riconosciuto dall’art. 19 della legge 118/1971 che interessa in particolare i titolari di assegno mensile o di pensione di inabilita’ civile e i sordomuti titolari di pensione non reversibile (ai sensi dell’art 10 della legge 381/1970). Ai fini della trasformazione delle provvidenze economiche legate all’invalidità civile in assegno sociale si continuano a prendere in considerazione solo i redditi personali dell’invalido.

 

Dal 1° gennaio 2013 il requisito dell’età, ossia 65 anni, per ottenere l’assegno sociale è stato legato all’incremento della speranza di vita. Conseguentemente, dal 2016 sia l’accesso all’assegno sociale che all’assegno sociale sostitutivo della pensione d’inabilità civile, all’assegno mensile di assistenza agli invalidi parziali e alla pensione non reversibile ai sordi, sarà ottenuto dal compimento dei 65 anni e 7 mesi di età.

 

La valutazione dei redditi. In passato si è posta la questione se per il diritto alla trasformazione della prestazione fosse necessario guardare ai requisiti reddituali previsti per il conseguimento dell’assegno sociale, che com’è noto, sono molto più stringenti rispetto a quelli richiesti per le provvidenze economiche riconosciute agli invalidi civili, oppure se si dovesse continuare ad applicare la normativa, piu’ favorevole, per gli invalidi civili. Il ministero del Lavoro e l’Inps hanno optato, opportunamente, per questa seconda strada. La prima ipotesi avrebbe infatti finito per escludere dal sostegno economico gli invalidi civili con oltre 65 anni con redditi superiori a circa 6 mila euro annui con lo svantaggio, inoltre, di dover considerare anche i redditi del coniuge (che nella disciplina generale concorrono alla determinazione dell’assegno sociale).

 

Secondo il Ministero del Lavoro sarebbe “assolutamente illogico che l’invalido, dopo il compimento dei 65 anni di età venisse penalizzato a causa dell’applicazione di criteri di verifica stabiliti per l’erogazione dell’assegno o pensione sociale ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito, ma che invalidi non sono“.

 

La Circolare Inps 86/2000 ha quindi stabilito che, nei casi di trasformazione, per la determinazione del limite di reddito, non si fa riferimento alla generale disciplina prevista per l’assegno sociale restando i limiti di reddito gli stessi previsti per la liquidazione dei rispettivi trattamenti di invalidità di cui godevano gli interessati. In sostanza per l’accertamento dei requisiti reddituali per il riconoscimento dell’assegno sociale sostitutivo delle provvidenze economiche per l’invalidità civile, si dovranno continuare ad applicare i criteri previsti per la concessione delle prestazioni per invalidità civile.

 

Ciò comporta, inoltre, che si devono considerare soltanto i redditi personali (e non quelli del coniuge) nell’anno precedente, in rapporto al limite stabilito per l’anno di riferimento della prestazione. Inoltre l’importo dell’assegno derivante da trasformazione delle provvidenze stabilite in favore degli invalidi non sarà mai ridotto in funzione dell’importo del reddito dell’invalido. 

 

Maggiorazioni. Discorso diverso per quanto riguarda le maggiorazioni sociali. Secondo l’Inps possono essere corrisposte alle stesse condizioni stabilite per la generalità dei cittadini ultra 65 enni. In altre parole, per avere diritto all’aumento dell’importo mensile, ossia beneficiare in misura intera o ridotta degli aumenti previsti dalle leggi sopra indicate (art. 67, legge n. 448/98 e art. 52, legge n. 488/99), viene preso a riferimento, oltre al reddito personale dell’invalido, anche quello del coniuge.