La pensione di reversibilità è una prestazione a cui hanno diritto i familiari superstiti in caso di morte dell’assicurato o pensionato iscritto all’INPS. Se l’assicurato deceduto era già pensionato diventa una pensione di reversibilità diretta per effetto della successione, mentre se l’assicurato era ancora al lavoro si parla di pensione indiretta.
La prestazione a cui si ha diritto è regolata dalle aliquote di reversibilità che sono stabilite nelle seguenti misure:
- 60% per il coniuge senza figli;
- 80% per il coniuge con un figlio;
- 100% per il coniuge con due o più figli.
La pensione inizia dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso del pensionato o dell’assicurato. Spetta in una quota percentuale della pensione già liquidata o che sarebbe spettata all’assicurato.
La pensione spettante ai superstiti non è appunto uguale al trattamento a cui aveva diritto il pensionato, o in caso il lavoratore defunto. Si tratta di una percentuale, differente per ogni familiare superstite e a seconda del numero degli aventi diritto.
In base ai redditi ci sono poi delle altre differenze nelle percentuali.
In caso di morte di un lavoratore ci sono dei requisiti da soddisfare per la pensione indiretta:
- 15 anni di contribuzione già versati o 780 settimane se lavoratore autonomo,
- 5 anni di contribuzione o 260 settimane se lavoratore autonomo.
Chi ha diritto alla pensione di reversibilità?
Nello specifico a beneficiare di questo contributo è:
- il coniuge, anche se separato legalmente;
- i figli fino a 26 anni se studenti universitari, fino a 21 anni, se studenti delle superiori, oppure fino alla maggiore età, o senza limiti di età se inabili;
- il coniuge divorziato a condizione che sia titolare dell’assegno periodico divorzile, e non passato a nuove nozze;
- il coniuge che passa a nuove nozze ha diritto a un assegno una-tantum pari a due annualità (articolo 3, decreto legislativo 18 gennaio 1945, n. 39) della quota di pensione in pagamento;
- in assenza sia del coniuge che dei figli, il diritto al trattamento pensionistico è riconosciuto ai genitori dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo abbiano compiuto i 65 anni, non siano titolari di pensione e risultino a carico del lavoratore deceduto;
- il compagno convivente in caso di unioni civili.
In base al reddito la pensione di reversibilità può subire ulteriori ribassi. Infatti, in presenza di redditi personali superiori a tre volte il trattamento minimo Inps la quota di prestazione erogata nei confronti del coniuge si riduce di una percentuale tanto più elevata quanto maggiore è il reddito.
Le soglie di riduzione sono fissate dall’articolo 1, comma 41 della legge Dini (legge 335/1995) e prevedono un abbattimento del 25, del 40 e del 50% della prestazione qualora il reddito del superstite superi rispettivamente tre, quattro o cinque volte il trattamento minimo Inps previsto per l’anno in corso moltiplicato per tredici mensilità.
La pensione di reversibilità può essere revocata
Quando si verifica questo caso? In breve:
- il coniuge del defunto, titolare della pensione di reversibilità, contrae nuovo matrimonio; quindi perde il diritto alla pensione ma ha diritto ad un assegno una tantum, pari a due annualità della pensione comprensiva della tredicesima, cioè a 26 volte l’ultima mensilità;
- quando i figli compiono la maggiore età, al 21° anno se sono studenti di scuola superiore, al 26° anno se studenti universitari frequentanti un corso di laurea, e al termine del corso di laurea anche con età inferiore ai 26 anni;
- se al decesso del genitore i figli studenti svolgono anche un’attività lavorativa che procura reddito.
L’Inps può anche azzerare la pensione di reversibilità perché vengono superati i limiti di reddito o anche per errori nel calcolo della somma erogata. L’Istituto si accorge soltanto a posteriori del superamento delle soglie di reddito e recupera le somme erogate non spettanti.
Esiste una sanatoria per le somme non dovute erogate dall’ente, per non restituire gli importi deve esserci nel provvedimento un errore di qualsiasi natura imputabile all’Inps. Rientrano nella sanatoria:
- retribuzioni effettuate sulla base di un provvedimento formale e definitivo;
- provvedimenti comunicati al pensionato;
- se esiste un errore imputabile all’Inps.
L’interessato è tenuto a comunicare all’Istituto fatti che l’ente non conosce che possono influire sul diritto o sulla misura della prestazione. Quando non avviene, l’Inps non è responsabile dell’errore e quindi può recuperare legittimamente e per intero le somme erogate per sbaglio.
Se invece l’interessato comunica all’Inps i dati ma l’ente continua a erogare per intero le somme, quanto percepito in eccesso dal pensionato non può più essergli chiesto indietro.
Se si percepisce una prestazione di reversibilità, è obbligatorio presentare una dichiarazione dei redditi all’Inps, oltre al modello Unico o Redditi e al 730, che si chiama Red. Una dichiarazione reddituale importante perché collegata a tutte le prestazioni per il reddito riconosciute dall’Inps, in mancanza di questa dichiarazione vengono sospese tutte le prestazioni.
La domanda per la pensione di reversibilità deve essere presentata online all’Inps attraverso il servizio dedicato.