benessere-organizzativoIl riformatore della pubblica amministrazione si è mosso spesso come uno stilista di moda. Per anni ha proposto il mansionario stretto alla vita per poi passare allo stakeholder buono per ogni occasione, fino alla resilienza per le serate di gala.

Come per gli abiti anche le confezioni della pubblica amministrazione hanno avuto momenti di grande successo ed altri in cui andati fuori moda.

Il benessere organizzativo, ad esempio, sembra avere avuto la stessa sorte dei pantaloni a zampa d’elefante, eppure di trattava di un classico, come un tailleur blu.

Che cos’è il benessere organizzativo?

Il benessere organizzativo definisce la capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori che operano al suo interno.

Non si tratta di contrapporre le ragioni dei dipendenti con quelle del datore di lavoro ma di determinare un “clima internosereno e partecipativo.

La scelta non deve avvenire tra una gestione rigida e severa, con l’applicazione di sanzioni e provvedimenti disciplinari, ed una gestione bonaria e benevola, con lassismo e mollezza.

Perché è così importante?

Studi e ricerche sulle organizzazioni hanno dimostrato che le strutture più efficienti sono quelle con dipendenti soddisfatti.

La motivazione, la collaborazione, il coinvolgimento, la corretta circolazione delle informazioni, la flessibilità e la fiducia delle persone – recita una nota sul sito del Ministero dell’Istruzionesono tutti elementi che portano a migliorare la salute mentale e fisica dei lavoratori, la soddisfazione degli utenti e, in via finale, ad aumentare la produttività.

Dell’importanza del benessere organizzativo si era reso conto il legislatore che ha fatto sfilare il capo nel Decreto legislativo n. 81/2008 (che ha introdotto l’obbligo di valutare i rischi stress lavoro correlato, cosiddetto Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), nel Decreto legislativo n. 150/2009  (che ha attribuito agli Organismi Interni di Valutazione il compito di condurre indagini sul benessere organizzativo), nel Decreto legislativo n. 33/2013 (che ha stabilito l’obbligo di pubblicazione dei risultati delle indagini sul benessere organizzativo), nella Direttiva n. 3/2017 del Presidente del Consiglio dei Ministri (recante indirizzi per l’attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e linee guida contenenti regole inerenti all’organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti).

Tutti abiti realizzati negli anni a cavallo del 2010.

Equilibrio e armonia tra benessere e codice di comportamento

È ovvio che benessere organizzativo non significa possibilità di derogare alle norme del codice di comportamento dei pubblici dipendenti. Il dipendente negligente peggiora il benessere organizzativo e, per questo, va debitamente sanzionato.

Il “fannullone” nuoce ai cittadini, alla pubblica amministrazione, ai vertici politici, ai sindacati ma soprattutto arreca danno ai colleghi.

La pubblica amministrazione che funziona, però, non può avere l’obiettivo di punire o licenziare ma quella di migliorare la qualità dei servizi offerti alla cittadinanza. Il manager bravo non è quello che punisce ma quello che ottiene risultati.

Qualsiasi struttura, a partire da quelle della Pubblica Amministrazione, è fatta di persone e mezzi da organizzare per produrre risultati.

Il benessere dei dipendenti non è slegato dalla qualità del prodotto realizzato, anzi è un elemento essenziale di crescita e sviluppo.

Il dipendente stressato, minacciato o vessato, nella migliore delle ipotesi porterà ad un’amministrazione che adempie ma non ad un’amministrazione che funziona.

Il benessere organizzativo non è solo un valore etico e morale ma anche un importante fattore di produzione.

Gli obiettivi della Funzione Pubblica

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, nell’ormai lontano 2004 (con la Direttiva del ministro della Funzione Pubblica, Luigi Mazzella, sulle misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni), si proponeva di sostenere la capacità delle amministrazioni pubbliche di attivarsi, oltre che per raggiungere obbiettivi di efficacia e di produttività, anche per realizzare e mantenere il benessere fisico e psicologico delle persone, attraverso la costruzione di ambienti e relazioni di lavoro che contribuiscano al miglioramento della qualità della vita dei lavoratori e delle prestazioni.

Il Dipartimento riteneva che, per lo sviluppo e l’efficienza delle amministrazioni, le condizioni emotive dell’ambiente in cui si lavora, la sussistenza di un clima organizzativo che stimoli la creatività e l’apprendimento, l’ergonomia – oltre che la sicurezza – degli ambienti di lavoro, costituiscano elementi di fondamentale importanza ai fini dello sviluppo e dell’efficienza delle Amministrazioni pubbliche.

Conclusioni

La possibilità di lavorare in contesti organizzativi ottimali non serve solo ai dipendenti ma è necessario per migliorare le prestazioni e gli effetti delle politiche pubbliche.

Il Dipartimento, da quasi vent’anni, segnala all’attenzione delle amministrazioni pubbliche un aspetto rilevante per lo sviluppo delle motivazioni al lavoro spesso trascurato nella tradizionale gestione del personale nelle amministrazioni pubbliche.

I vertici devono ambire ad essere datori di lavoro esemplari attraverso una rinnovata attenzione ad aspetti non monetari del rapporto di lavoro, consentendo l’avvio di modelli gestionali delle risorse umane diretti a favorire il miglioramento degli ambienti di lavoro, l’aumento dei livelli di produttività, nel contesto delle relazioni sindacali.

Concetti questi che non dovrebbero mai essere fuori tendenza. Fuori di moda, semmai, sono modelli basati sulla autorità anziché sull’autorevolezza.

 


Fonte: articolo di Luciano Catania, segretario del Comune di Enna