appalti-contratto-ditta-assessore-comunaleIl Dottor Andrea Bufarale risponde a un interrogativo in materia di appalti pubblici: possibile stipulare un contratto con una ditta di cui è titolare un assessore comunale?


In vista della stagione estiva e sulla scorta degli indirizzi della Giunta Comunale, l’ufficio Affari generali di questo comune ha approvato un avviso di ricerca sponsorizzazioni. È pervenuta una manifestazione di interesse anche da parte di una ditta di cui è titolare un assessore comunale. È possibile stipulare un contratto con quest’ultima?

a cura di Andrea Bufarale

Appalti: illegittimo il contratto con la ditta dell’assessore comunale?

L’art. 63 del Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) ad oggetto “incompatibilità“, prevede, tra le altre, che:

Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale….colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell’interesse del comune o della provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della regione, fatta eccezione per i comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti qualora la partecipazione dell’ente locale di appartenenza sia inferiore al 3 per cento e fermo restando quanto disposto dall’articolo 1, comma 718, della legge 27 dicembre 2006, n. 296“.

Per aversi incompatibilità, il soggetto deve “aver parte” in appalti nell’interesse del Comune.

Tale locuzione (“aver parte in appalti o altre attività nell’interesse del Comune”) allude alla contrapposizione tra l’interesse particolare del soggetto, in ipotesi incompatibile, e interesse del Comune, istituzionalmente generale, in relazione alle funzioni attribuitegli, e quindi allude alla situazione di potenziale conflitto di interessi, in cui si trova il predetto soggetto, rispetto all’esercizio imparziale della carica elettiva. La giurisprudenza ha precisato inoltre (si veda ad esempio (cfr. Cass. civ. Sez. I, 16 gennaio 2004, n. 550) che gli avverbi “direttamente o indirettamente” devono riferirsi alla condizione soggettiva nel senso che il legislatore ha inteso specificamente rafforzare l’effettività della norma e limitare il predetto diritto non soltanto nei confronti del soggetto al quale il conflitto di interessi sia immediatamente riferibile, ma anche, con chiaro scopo antielusivo, al soggetto che partecipa al servizio e deve considerarsi il reale portatore dell’interesse particolare confliggente con l’interesse generale.

Nel caso dei comuni fino a 15.000 abitanti l’assessore, di regola, è anche consigliere comunale, per cui valgono per il primo le cause d’incompatibilità proprie del secondo. Inoltre, nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso anche in questo caso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

Pertanto, nel caso di cui al citato art. 63 del TUEL ove mai si verificasse il rapporto contrattuale a seguito della presentazione della domanda e l’assessore/consigliere avesse un ruolo amministrativo e/o con poteri gestionali nell’impresa, sorgerebbe la causa d’incompatibilità con la conseguenza di rinunciare al rapporto o di dimettersi dalla carica.

Il successivo art. 78 dello stesso D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, inoltre per le attività di competenza degli amministratori comunali, intesi nell’accezione più ampia ossia assessori e consiglieri, prevede rispetto ad ogni specifica ipotesi deliberativa l’obbligo di astensione al fine di prevenire il conflitto d’interessi e di salvaguardare il buon andamento e l’imparzialità dell’attività dell’ente locale, che ricorre ogniqualvolta vi sia una correlazione immediata e diretta tra la situazione personale del titolare della carica pubblica e l’oggetto specifico della deliberazione (intesa come attività volitiva a rilevanza esterna).

Il Consiglio di Stato con una famosa sentenza (Cons. Stato Sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3385) ha evidenziato come “la regola che vuole l’astensione dei soggetti interessati è di carattere generale e tende ad evitare che, partecipando gli stessi alla discussione e all’approvazione del provvedimento, essi possano condizionare nel complesso la formazione della volontà dell’assemblea, concorrendo a determinare un assetto complessivo dello stesso provvedimento non coerente con la volontà che sarebbe scaturita senza la loro presenza“.

 


Fonte: articolo di Andrea Bufarale [tratto da risponde.leggiditalia.it]