Per quanto riguarda l’Anticipo del Tfs, probabilmente si andrà verso il rinnovo dell’accordo con le banche: ecco cosa significa.


Alcuni giorni fa, si è riaperto il Tavolo di coordinamento, istituito dal Dipartimento della funzione pubblica, per discutere sull’Anticipo del Tfs.

L’obiettivo principale è il rinnovo dell’Accordo Quadro, sottoscritto e formalizzato nel 2020 (e rinnovato nel 2022), con gli istituti finanziari, per permettere ai lavoratori che usufruiscono dell’uscita anticipata dal lavoro di ottenere un anticipo di 45mila euro, a condizioni agevolate, corrispondente ad una parte del Tfs.

Vediamo allora cosa significa.

Rinnovo accordo con le banche: il tavolo di coordinamento sull’Anticipo del Tfs

Nel tavolo di coordinamento stanno partecipando tutti gli attori istituzionali coinvolti, ovvero il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero del Lavoro, Abi e Inps.
Tutti hanno manifestato l’intenzione di avviare le procedure per il rinnovo dell’accordo con le banche.

Più nel dettaglio, il provvedimento consente ai lavoratori che vanno in pensione con Quota 100, 102 o 103, quindi prima di aver maturato i requisiti per la pensione, di avere un anticipo di 45mila euro a condizioni agevolate sul Trattamento di Fine Servizio (Tfs).

Dall’importo di 45mila euro sarà detratto un interesse pari al Rendistato (ovvero il rendimento medio dei titoli di Stato, calcolato da Bankitalia), aumentato di uno spread dello 0,4%.
Facendo i dovuti calcoli, sui 45mila euro di prestito, la banca ne dà circa 43mila, poiché 1700 euro sono di interessi.

Gli interessi sono piuttosto alti, soprattutto se facciamo riferimento al 2020, quando è stato istituito il prestito del Tfs per la prima volta. Quattro anni fa, infatti, i tassi d’interesse erano praticamente a zero, così come il Rendistato.

I grossi ritardi per il Tfs

Nonostante l’aumentare degli interessi, i dipendenti sono spesso costretti a richiedere i soldi alle banche, perché il pagamento della liquidazione viene differito nel tempo.
Dopo un anno, infatti, arriva la prima rata da 50mila euro, la seconda (tra i 50mila e i 100mila euro) arriva dopo due anni e la parte restante (se supera i 100mila euro) arriva dopo tre anni.

Chi usufruisce di un’uscita anticipata della pensione è costretto ad aspettare i 67 anni per ottenere tutta la liquidazione.

I ritardi sono spesso attribuibili all’Inps, a causa della lavorazione delle pratiche. Si tratta di una circostanza criticata anche dalla Corte Costituzionale, che aveva chiesto un intervento celere sul tema.

Ma non è possibile accelerare le tempistiche, a causa dei costi troppo alti per lo Stato.

La Ragioneria generale dello Stato, lo scorso marzo, ha chiesto di fermare le due proposte di legge bipartisan presentate, per ridurre da un anno a tre mesi il tempo di pagamento della prima rata del Tfs, aumentando anche l’importo da 50mila a 63’600 euro.

A detta della Ragioneria, i costi sarebbero altissimi: secondo i calcoli fatti dall’Inps, la misura sarebbe costata 3,8 miliardi di euro solo per quest’anno, il che avrebbe portato ad un peggioramento dei saldi di finanza pubblica, difficile da affrontare.

I dipendenti rimangono, così, impantanati in una situazione difficile da affrontare, con liquidazioni che tardano ad arrivare e per le quali bisogna pagare quasi 2000 euro d’interessi.