La Cgil denuncia un’ingiustizia per i lavoratori dipendenti, sindacati in allarme: le imposte vengono calcolate su aliquote superate, necessario un intervento urgente del Governo sull’acconto IRPEF 2025.
L’applicazione delle regole previste dal decreto legislativo n. 216/2023 sta generando pesanti ripercussioni sugli acconti Irpef per l’anno 2025. A sollevare la questione sono il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, e la presidente del Consorzio nazionale Caaf Cgil, Monica Iviglia, che parlano di un’ennesima penalizzazione per lavoratori e pensionati.
Che cosa si intende per “acconto IRPEF”?
L’acconto IRPEF è un pagamento anticipato dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) che i contribuenti devono versare in previsione del saldo dovuto per l’anno fiscale successivo. Serve a garantire che l’erario incassi parte delle imposte in anticipo, evitando così che i contribuenti accumulino debiti e debbano pagare importi elevati in un’unica soluzione.
Come funziona?
L’acconto si calcola sulla base dell’IRPEF dovuta per l’anno precedente e viene versato in due rate:
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Prima rata (entro il 30 giugno o il 31 luglio con maggiorazione dello 0,40%)
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Se l’acconto dovuto supera i 257,52 euro, si paga il 40% dell’importo totale.
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Se l’acconto è inferiore o uguale a 257,52 euro, si paga in un’unica soluzione a novembre.
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Seconda rata (entro il 30 novembre)
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Si versa il restante 60% dell’acconto.
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Chi deve versarlo?
L’acconto IRPEF è dovuto dai contribuenti che nell’anno precedente hanno superato una certa soglia d’imposta netta dopo le detrazioni. In generale, sono obbligati a pagarlo:
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Lavoratori autonomi e liberi professionisti con partita IVA.
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Lavoratori dipendenti e pensionati, ma solo se dalla loro dichiarazione dei redditi risulta un’imposta da versare.
Per i dipendenti e i pensionati che percepiscono redditi soggetti a ritenuta alla fonte, spesso il versamento dell’acconto non è necessario perché le imposte sono già trattenute in busta paga o sul cedolino pensionistico. Tuttavia, se presentano il modello 730 e risultano importi a debito, devono effettuare il versamento dell’acconto.
Acconto IRPEF 2025: un nuovo schiaffo ai lavoratori secondo la CGIL
L’articolo 1, comma 4, del provvedimento stabilisce che per il calcolo degli acconti Irpef relativi al 2025 e al 2026 si debbano utilizzare le aliquote e le detrazioni in vigore al 31 dicembre 2023. Tuttavia, queste percentuali (23%, 25%, 35% e 43%) risultano ormai superate e decisamente più elevate rispetto a quelle attuali.
Di conseguenza, il versamento richiesto per il 2025 rischia di risultare ingiustificatamente oneroso per molti contribuenti. Secondo Ferrari e Iviglia, il problema riguarda in particolare i lavoratori dipendenti il cui reddito è già stato regolarmente conguagliato nel 2024.
A titolo esemplificativo, viene citato il caso di un contribuente che, pur avendo diritto a un rimborso di 165 euro nella dichiarazione dei redditi del 2025, si vedrà invece costretto a versare un acconto di 95 euro. Una somma che, salvo variazioni, verrà restituita solo nel 2026. La situazione risulta ancora più paradossale per coloro che, avendo un reddito da lavoro dipendente superiore a 8.500 euro, sarebbero esonerati dalla presentazione della dichiarazione ma, nel caso in cui ne avessero necessità (ad esempio per ottenere un mutuo), sarebbero comunque obbligati a pagare un anticipo d’imposta.
I rappresentanti della Cgil chiedono quindi un intervento immediato dell’Esecutivo per correggere questa distorsione fiscale. “Occorre sfruttare il primo provvedimento utile per porre fine a questa evidente ingiustizia” dichiarano Ferrari e Iviglia. “Si continua a colpire chi paga regolarmente le imposte, mentre si favorisce chi gode di altri regimi fiscali. Lo Stato sta facendo cassa con somme non dovute, un meccanismo inaccettabile che va fermato al più presto.”