accesso-atti-consigliere-comunale-limitiLa risposta ad un quesito in materia di atti, procedimenti e controlli, nello specifico sull’accesso agli atti da parte del Consigliere Comunale e i suoi limiti, a cura del Dottor Andrea Bufarale.


Questo ufficio Segreteria, ha ricevuto una istanza di diritto di accesso agli atti da parte di un Consigliere Comunale ai sensi dell’art. 43, comma 2 del TUEL. Il Consigliere chiede nello specifico la trasmissione di tutta la corrispondenza in entrata ed in uscita dell’Ente registrata nell’anno 2020 per ragioni connesse all’espletamento del mandato. Si chiede di conoscere se tale richiesta sia eccessivamente invasiva nei confronti dell’Ente o se debba essere accolta integralmente.

a cura di Andrea Bufarale

Accesso agli atti da parte del Consigliere Comunale, quali sono i limiti?

Ai sensi dell’art. 43, comma 2, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge“.

Tale assunto, che a prima lettura sembra consentire un accesso “totale” da parte dei Consiglieri Comunali, è stato mitigato nel corso degli anni a seguito di diverse pronunce giurisprudenziali, nel senso che qualora la richiesta abbia ad oggetto una forma di accesso continuo ed indistinto, per tutta la corrispondenza, si ritiene che la richiesta possa integrare il c.d. abuso di diritto che la giurisprudenza vieta, in quanto determina un ingiustificato sindacato di controllo da parte dei consiglieri comunali e pertanto, come applicabile al caso di specie, meritevole soltanto di accoglimento parziale a seguito di richiesta integrativa sugli argomenti specifici di interesse da inoltrare al Consigliere richiedente (e non già di tutta la corrispondenza indistinta dell’Ente).

Infatti, secondo la sentenza Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 846 (ed anche Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1298 e T.A.R. Sardegna, sez. I, 13 febbraio 2019, n. 128; T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, Sent. 4 maggio 2020, n. 926) il diritto di accesso dei consiglieri comunali non può estendersi fino a configurare “… un sindacato generalizzato dell’attività degli organi decidenti, deliberanti e amministrativi dell’Ente …” in luogo di esercizio del mandato politico “… finalizzato ad un organico progetto conoscitivo in relazione a singole problematiche” e né può tradursi “in strategie ostruzionistiche o di paralisi dell’attività amministrativa con istanze che, a causa della loro continuità e numerosità, determinino un aggravio notevole del lavoro degli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull’attività dell’amministrazione” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1298 e 18 agosto 2020, n. 5032; T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 10 luglio 2020, n. 3000).

Ne consegue pertanto che, l’esercizio da parte del consigliere comunale di un diritto di notevole ampiezza quale quello in argomento, non può trasmodare fino a coincidere con il perseguimento di finalità meramente emulative, oppure tali da creare inutile aggravio agli uffici, dal punto di vista organizzativo ed economico, con richieste non contenute entro gli immanenti limiti della proporzionalità e della ragionevolezza come ribadito anche dal Ministero dell’Interno con proprio parere del 4.02.2008.

 


Fonte: articolo di Andrea Bufarale [tratto da risponde.leggiditalia.it]