In questa riflessione Sergio Sette, consulente informatico per la pubblica amministrazione specializzato in digital transformation, spiega perché i questionari per le Pa rischiano di essere uno sforzo inutile, citando in modo particolare quello relativo alla Mappa dei Comuni Digitali.


Qualche giorno fa scrissi un post in cui criticavo la continua somministrazione di questionari, per lo più ripetitivi o poco utili. Mi è stato chiesto di esplicitare a cosa mi riferivo, oltre ai citati questionari di CdC, ANAC ecc.

Non mi nascondo dietro ad un dito, mi riferivo a quello in figura, primo step, secondo gli estensori, per “aiutare” la PA nella trasformazione digitale.

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I problemi dei questionari per le Pa: il caso della Mappa dei Comuni Digitali

Vi spiego anche cosa (a mio modestissimo e incompetente parere) non va in questa iniziativa, oltre ai dati già chiesti in altri questionari nazionali:

  • 𝐢𝐧𝐢𝐳𝐢𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 𝐚𝐛𝐛𝐨𝐧𝐝𝐚𝐧𝐭𝐞𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐟𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨 𝐦𝐚𝐬𝐬𝐢𝐦𝐨, un simile rilevamento andava fatto PRIMA del PNRR, e sulla base di questo si sarebbero potute orientare le politiche in modo ben diverso da quanto fatto, che si è dimostrato essere ben poco calibrato
  • 𝐦𝐨𝐝𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐥𝐞𝐯𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐧𝐚𝐝𝐞𝐠𝐮𝐚𝐭𝐚, un questionario di questo tipo va somministrato non online a cura del solo Comune, ma presidiato da una guida in grado di spiegare il significato delle domande, approfondire gli aspetti collegati/correlati (norme, questioni organizzative, ecc.) ; sarebbe stato un potente strumento anche di formazione oltre a raggiungere un livello di precisione ben maggiore
  • non tocca tutti gli argomenti necessari e alcuni lo sono in modo un po’ superficiale


P.S.

Chi scrive presta servizio di supporto agli RTD da diversi anni, ben prima di PaDigitale2026. Una delle primissime attività che svolgo con gli Enti è proprio la somministrazione di un questionario simile (se siete curiosi lo potete vedere qui https://lnkd.in/eqsmRW9x, è solo una delle varianti che propongo a seconda dell’Ente) nella modalità descritta sopra.

Sulla base di questo poi si inizia a redarre un piano di miglioramento (c’è chi lo vuole chiamare Piano Triennale) e quindi si procede alla sua realizzazione. Si fosse fatto così prima del PNRR probabilmente avremmo avuto altri Avvisi, una platea ben più preparata e ben altri risultati. Ora sembra tanto (non me ne vogliano ANCI o il DTD) cercare di chiudere la stalla quando sono già tutti scappati.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it con il contributo di Sergio Sette - esperto in consulenza informatica e digital transformation