Si tratta di una delle note dolenti nelle nostre Pubbliche amministrazioni e che, purtroppo può contribuire alle falle nella cybersicurezza: molti dispositivi tecnologici infatti sono obsoleti.
La sicurezza dei sistemi informatici nella Pubblica Amministrazione (PA) italiana è al centro di un’allarmante analisi condotta dal Computer Emergency Response Team (CERT) dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID). La situazione è stata definita “preoccupante”, con particolare attenzione ai dispositivi hardware obsoleti, quali router, switch e access point Wi-Fi, che possono causare danni significativi alle reti.
Dispositivi critici a rischio
I dispositivi hardware obsoleti, considerati punti neurali nella gestione dei dati di rete, sono emersi come vulnerabilità significative. Immaginate i danni di un guasto a questi apparati, responsabili dello smistamento dei dati nella struttura della rete stessa.
Uso diffuso di strumenti analogici
Secondo l’Istat, l’87,8% delle pubbliche amministrazioni utilizza ancora strumenti analogici, come i timbri, per la protocollazione degli atti. Il 45% di esse conserva documenti cartacei in una quantità pari al 45%. L’intervento non può limitarsi alle competenze digitali, ma deve estendersi all’aggiornamento dell’hardware, come suggeriscono i dati Istat. Fino a poco prima della pandemia, solo l’8,3% dei dipendenti pubblici aveva un computer portatile, strumento cruciale emerso durante i lockdown.
Obsolescenza anche nei PC desktop
La situazione non migliora con i PC desktop: se il 94,5% dei dipendenti ne è dotato, il 39,2% possiede un dispositivo con una vita media superiore ai 5 anni. Questo indica che una parte sostanziale dell’hardware negli uffici pubblici non è al passo con i tempi, complicando la realizzazione di buone intenzioni.
Servizi pubblici e l’efficienza della PA
Secondo i dati aggiornati al 2022 ma ancora piuttosto attendibili anche per l’anno appena passato, l’Italia si è collocata al 24° posto tra i Paesi dell’Unione Europea per il grado di soddisfazione dei cittadini verso i servizi pubblici. Un report di Confartigianato sottolinea che siamo tra gli ultimi insieme a Romania, Bulgaria e Grecia. La fiducia nella Pubblica Amministrazione è ancor più bassa, posizionandoci al 26° posto, peggio di noi solo la Grecia.
Tecnologie digitali e qualità dei servizi
L’uso limitato delle tecnologie digitali contribuisce alla bassa qualità dei servizi pubblici. Solo il 28% delle amministrazioni locali consente ai cittadini di completare online le pratiche amministrative e di effettuare pagamenti via web, secondo il report di Confartigianato. Questa percentuale sale al 35% nel Centro-Nord e crolla al 13% nel Mezzogiorno.
Problemi di efficienza durante la pandemia
Le sfide nell’efficienza della PA non sono migliorate durante la pandemia. Il 31,6% dei cittadini che si sono rivolti a un ufficio pubblico da maggio 2020 a gennaio 2022 ha esposto insoddisfazione o constatato un peggioramento della qualità dei servizi offerti. Ritardi nell’erogazione di servizi online (indicato dal 73,6%) e l’impreparazione del personale nella gestione di questi servizi (77%) sono le principali cause di lamentele.
Troppi sprechi nella Pa
Infine un recente dossier della CGIA Mestre ha fatto emergere il dato che lo spreco pubblico di soldi nelle nostre amministrazioni farebbe ai cittadini e alle Pmi più danni dell’evasione fiscale.
Il rapporto evidenzia che le imprese italiane devono sostenere un costo annuo di 57,2 miliardi di euro per gestire i loro rapporti con la Pubblica Amministrazione. Questi costi elevati sono indicativi di una burocrazia eccessiva e di procedure complesse che, oltre a rappresentare un onere finanziario, possono rallentare l’operatività delle imprese.
Le inefficienze nel settore sanitario, stimato in 24,7 miliardi di euro, e nel trasporto pubblico locale, valutato in 12,5 miliardi di euro, contribuiscono a ulteriori oneri economici. Questi sprechi indicano una gestione inefficiente delle risorse pubbliche, con possibili conseguenze sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini.
Gli attacchi informatici e la tecnologia obsoleta
Purtroppo, negli ultimi anni, gli attacchi informatici e gli incidenti tecnici hanno colpito duramente le Pubbliche Amministrazioni, con comuni ed enti bersagli di ransomware o data breach.
Tentativi di svecchiare i dispositivi: il case study giapponese
L’Italia non è sola in questa situazione, poiché paesi come il Giappone affrontano sfide simili.
Il caso del Giappone e l’addio ai floppy disk
In Giappone, si utilizzano ancora i floppy disk per salvare e condividere documenti in molte procedure burocratiche. Tuttavia, il ministro per gli affari digitali, Tarō Kōno, ha intrapreso un’importante battaglia per modernizzare la pubblica amministrazione. I floppy disk, i CD e persino i mini disk sono ancora impiegati in settori come l’aeronautica e l’estrazione mineraria.
La svolta del ministro Kōno
Il ministro Kōno ha avviato una rivoluzione, eliminando progressivamente i supporti fisici obsoleti e promuovendo l’uso dell’archiviazione online e digitale. Il Ministero dell’Economia e del Commercio giapponese ha iniziato a eliminare le richieste di floppy disk in alcune ordinanze, segnando un significativo passo in avanti. Attualmente, la “rivoluzione” coinvolge solo 34 procedure su un totale di quasi 2000, ma rappresenta un primo importante passo richiesto da anni.
Conclusioni
Sembra piuttosto evidente che la necessità di aggiornare competenze digitali e hardware nelle Pubbliche Amministrazioni è una priorità per migliorare l’efficienza, la sicurezza e la fiducia dei cittadini nei servizi pubblici.
L’Italia, con l’opportunità offerta dal PNRR, ha la possibilità di avviare riforme necessarie, implementando la digitalizzazione, l’interoperabilità e la standardizzazione delle procedure per una vera innovazione della PA.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it