C’è del romantico nella scelta di svolgere una tesi di laurea sul tema della digitalizzazione amministrativa, quando l’autore è il responsabile del settore amministrativo di un ente, che in fatto di innovazione digitale, sta ancora a “Carissimo amico…”.
La lenta innovazione.
Vincenzo Aloise, 44 anni, da 12 impiegato comunale e da 2 Responsabile dell’Area Amministrativa di una piccola e bella municipalità del basso Tirreno cosentino, lo scorso dicembre ha discusso, presso l’Università Unitelma Sapienza di Roma, la sua tesi dal titolo << I processi di semplificazione e digitalizzazione amministrativa. Il caso del comune di Fiumefreddo Bruzio>>. Relatore il professor Limone, che da lungo tempo osserva, studia, realizza lavori e propone indirizzi nell’approccio alla trasformazione digitale.
Il lavoro rappresenta un documento interessante poiché nell’autore si combina lo studio accademico all’esperienza professionale.
Il Dottor Aloise declina il percorso compiuto dal legislatore nel corso degli ultimi 30 anni, dalla legge 241 del 1990 fino alle più recenti circolari ministeriali , passando per il Codice dell’Amministrazione Digitale e le linee guida dettate da AgID in fatto di innovazione.
Semplificazione, decertificazione, dematerializzazione, informatizzazione, fruibilità, interoperabilità sono i principi cardine che ispirano le riforme del procedimento amministrativo, tese sempre a snellire una burocrazia pesantemente barocca e dalla lenta innovazione.
Tuttavia, a dispetto degli interventi correttivi e della crescente adesione (anche tra gli operatori della PA locale) al paradigma della semplificazione amministrativa, l’implementazione degli indirizzi legislativi ha faticato e tuttora fatica a realizzarsi: vuoi per la complessità e varietà settoriale in cui agisce un ente, vuoi per la riluttanza di tanto personale a rinnovare metodi di lavoro acquisiti nel secolo passato e vuoi per la inadeguatezza dei controlli, come afferma l’autore con un ossimoro, <<il processo di semplificazione è una “immensa tela di Penelope”>>.
Il caso Fiumefreddo Bruzio
“Il caso Fiumefreddo Bruzio” è emblematico: esso rappresenta la condizione più frequente in cui versano gli enti comunali del Centro-Sud e in particolare le piccole e medie municipalità.
Il carico di lavoro dovuto alla mole di adempimenti e al sottodimensionamento dell’organico, le scarse risorse finanziarie, la resistenza culturale all’innovazione, il ritardo della politica e la diffidenza degli stessi cittadini, sono alcune delle variabili ambientali che determinano la siderale distanza dall’ideal tipo della digitalizzazione amministrativa.
Si parla di cloud computing, ma sembra essere la fotocopiatrice la vera protagonista della tecnologia in uso presso tanti piccoli comuni.
L’autore cita una ricerca dall’Osservatorio e-Government del Politecnico di Milano, presentata a luglio 2017, che racconta di un 35% dei Comuni Italiani fermi ad un’era pre-digitale e aggiunge, ragionando sul suo Ente: <<attualmente il Comune di Fiumefreddo Bruzio non ha ancora predisposto un piano di digitalizzazione e informatizzazione, che ogni amministrazione è obbligata ad adottare, secondo quanto previsto dalla legge 114/2014 e non esiste all’interno della struttura comunale la figura specificamente dedicata all’ICT. D’altronde secondo i dati Istat solo il 5,5% dei Comuni fino a 5.000 abitanti è dotato di tale Ufficio>>.
Allora quali le attività che possono essere messe in campo per emanciparsi da questo limbo “pre-digitale”?
Il Dott. Aloise individua nel Piano di informatizzazione comunale l’opportunità di dare attuazione a tutta quelle serie di norme emanate nel corso degli ultimi anni e dirette a costruire un Comune digitale al servizio di cittadini e imprese, evidenziando un aspetto fondamentale da cui partire: per trasformare un’amministrazione cartacea in un’amministrazione digitale, dove i documenti siano nativamente digitali e così le istanze, è necessario attuare una incisiva semplificazione amministrativa.
Senza semplificazione non può aversi digitalizzazione: secondo l’art. 15 del Codice dell’amministrazione digitale prima si semplifica e poi si digitalizza. Affinché si possa realizzare questo difficile passaggio è necessario pensare la figura del Responsabile della transizione digitale, cui affidare l’attuazione di tutte le misure previste dal Codice.
Intervenire sul piano organizzativo
In particolare si rende necessario intervenire sul piano organizzativo (ordinare i processi di gestione), documentale (informatizzazione e conservazione digitale dei documenti amministrativi), tecnologico (aggiornare il confronto con le software house che forniscono gli applicativi in uso) e umano (le risorse dell’Ente, dagli apicali agli impiegati, debbono acquisire una visione contemporanea della gestione dei procedimenti).
L’autore prosegue sottolineando l’importanza di <<scansionare tutta la corrispondenza cartacea in arrivo tramite il servizio postale ordinario>> così da creare un archivio digitale che sveltisca una eventuale ricerca, evitando il possibile smarrimento dei documenti.
Inoltre, propone come soluzione innovativa per la semplificazione <<l’istituzione dello sportello web del contribuente, quale spazio on line, grazie a cui il cittadino può ricevere tutte informazioni tributarie che lo riguardano, organizzate con criterio cronologico e suddivise per aree tematiche>>.
Il Responsabile del Settore Amministrativo individua nella mancanza di una piattaforma informatica comune a tutti gli uffici, una delle cause di inefficacia del sistema telematico comunale, in quanto le comunicazioni avvengono solo in parte tramite posta elettronica.
Uno dei pochi servizi gestiti in modo digitale è il SUAP, tuttavia poco utilizzato dagli stessi cittadini, anche perché non adeguatamente informati. Del resto, presso l’Ente i documenti informatici sono formati in gran parte in modalità analogica, quindi firmati e scansionati. Per non dire dell’inesistenza del PagoPa, dello SPID, dell’ANPR e così via.
Ecco dunque che Fiumefreddo Bruzio si presenta come uno dei tanti, troppi comuni afflitti da lenta innovazione e ancora lontani da “performance digitali” degne del proprio tempo e il nostro autore (nonché operatore della PA), nel affrontare questo tema, assume i toni romantici di chi agogna progresso in un contesto di sudditanza al passato.