Alcune indicazioni utili in merito al Diritto di Rettifica e alle modifiche che lo hanno interessato a seguito dell’introduzione del GDPR.
In Italia, quando ci si sente lesi da un articolo pubblicato da un giornale, la legge prevede il diritto di rettifica. Ma in cosa consiste? E come funziona?
Diritto di Rettifica
Il diritto di rettifica, in pratica, concede la possibilità, da parte dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti, pensieri, affermazioni, dichiarazioni, contrari a verità , di richiedere al concessionario privato o alla concessionaria pubblica la diffusione di proprie dichiarazioni di replica.
Il riferimento è al diritto di rettifica, sancito dall’articolo 8 della legge sulla stampa n. 47 del 1948 e dagli artt. 42 e 43 della legge 416 del 1981.
La norma specifica di riferimento invece è il comma 2, dell’art. 10, della legge 6 Agosto 1990. Ai sensi di legge, infatti, il soggetto che ritenga lesi i propri interessi morali o materiali dovrà preliminarmente inoltrare la propria richiesta al concessionario radiotelevisivo (pubblico o privato). Soltanto qualora tale rettifica non venga accolta, l’interessato potrà inoltrare la relativa istanza al Corecom (Organismo regionale per le Comunicazioni) competente.
Dal punto di vista formale la richiesta di pubblicazione deve contenere la seguente formula:
“A norma della Legge 416/1981, con la presente si chiede la pubblicazione della seguente rettifica. (il testo della rettifica non deve suparare le 30 righe)”
Ovviamente le competenze del Corecom in materia di rettifica riguardano esclusivamente il settore radiotelevisivo regionale. Non possono essere presentate al Corecom istanze di rettifica riguardanti il settore della carta stampata.
Con il GDPR cosa cambia per il Diritto di Rettifica?
La novità del GDPR implica che la cancellazione dei dati si possa richiedere indipendentemente dalla loro circolazione pubblica.
Questo vuol dire che può essere richiesta per qualsiasi ragione, quindi:
- non solo per ragioni inerenti alla tutela della reputazione o della corretta rappresentazione pubblica della personalità individuale
- ma può riguardare anche dati non pubblici, ma gestiti solo dal titolare del trattamento
- infine può riguardare informazioni che non sono mai state, nemmeno in passato, di interesse pubblico.
Diritto all’Oblio
Le disposizioni del GDPR tengono ovviamente in considerazione la celebre sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea relativa al caso Google Spain (13 maggio 2014), che ha qualificato i motori di ricerca come responsabili del trattamento dei dati personali.
In pratica la Corte ha così imposto ai motori di ricerca, in presenza di determinate condizioni, di sopprimere, dall’elenco di risultati apparso a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, i collegamenti a pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a tale persona.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it