Cresce la richiesta di dati: e così proliferanno anche i data center, in ambito pubblico e privato, nonostante la crisi energetica che imperversa.
Secondo una recente ricerca portata avanti sulle colonne de Il Sole 24 Ore cresce la domanda di data center in tutta Europa nonostante la crisi energetica.
Guerra e pandemia hanno spinto ancor di più i progetti, ma l’Italia seppur strategica resta un po’ indietro. La soluzione per trovare l’equilibrio comunque è trovare la sinergia tra maggiori forniture e trovare soluzioni maggiormente “green“.
Cosa sono e a cosa servono?
I data center, rappresentano un’unità organizzativa all’interno di un’organizzazione che coordina e mantiene le apparecchiature ed i servizi di gestione dei dati, ovvero l’infrastruttura informatica a servizio di una o più aziende. Può essere denominato servizio elaborazione dati (SED), soprattutto in presenza di accordi di esternalizzazione. Sono anche detti CED (Centro Elaborazione Dati).
Sono presenti sia all’interno di enti pubblici e privati, e al suo interno possono essere presenti vere e proprie server farm.
Questi strumenti servono a coordinare, gestire, e filtrare la diffusione delle informazioni, affinché si abbiano a disposizione tutte le conoscenze necessarie in ogni ambito.
I data center crescono e sopravvivono alla crisi energetica
In alcuni casi sono strutture organizzate su scala industriale ed operano utilizzando una quantità di energia elettrica paragonabile a quella di una città di piccole dimensioni.
Eppure, nonostante questo, la domanda di data center sale nonostante i rincari energetici.
Secondo il centro studi del gruppo Cbre (Global Commercial Real Estate Services), il 2021 è stato un anno record per gli investimenti europei in data center, con un volume totale di oltre un miliardo.
Qual è la motivazione? Secondo un’inchiesta de Il Sole 24 Ore, che ha raccolto l’opinione di alcuni manager di importanti società che si occupano di data center, Covid e guerra in Ucraina hanno avuto un pesante impatto sul settore, aumentando la richiesta di mole di dati e il fabbisogno di potenza.
Ma non solo: il rischio di attacchi hacker ha stimolato gli operatori a trasferire i dati verso data center e strutture più “sicure”. Ed è così che sono nati nuovi Hub in tutta Europa, ma anche in Italia, che sconta però ancora un certo gap con gli altri stati europei.
Attenzione però: questi grandi hub rischiano di avere un impatto negativo a livello ambientale.
E così, secondo quanto affermato dai ricercatori in uno studio porato avanti da McKinsey & Company, le aziende potrebbero migliorare la sostenibilità e così portare alla riduzione dell’inquinamento con la migrazione dei server sul cloud.
Con una migrazione ponderata e un utilizzo ottimizzato del cloud le aziende potrebbero ridurre le emissioni di anidride carbonica dei propri data center di oltre il 55% o di circa 40 megatoni di CO2e a livello mondiale.
La situazione dei data center nelle PA
Secondo i dati forniti dall’Agid (Agezia per l’Italia Digitale) aggiornati al 2020 (ultima rilevazione attuale) è stato attuato un censimento su quasi mille amministrazioni per un totale di 1252 data center censiti.
L’82% delle PA consultate ha dichiarato di possedere un data center di proprietà, il restante 18% ha detto di affidarsi a data center di terzi.
Dal censimento è emerso che:
- il 13% dei data center è stato realizzato prima del 1996
- il 28% tra il ’96 e il 2005
- il 46% tra il 2006 e il 2015
- il 13% dopo il 2015.
Il 64% dei data center censiti sono stati oggetto di un ultimo intervento di ammodernamento dopo il 2015, mentre il 36% prima del 2015.
Anche qui i data center delle PA ormai si stanno comunque gradualmente convertendo a un modello Cloud, volto a snellire la burocrazia e a risparmiare sui costi.
La strategia in atto per la riorganizzazione delle infrastrutture digitali del Dipartimento per la trasformazione digitale ha una triplice finalità:
- consolidare le infrastrutture centrali che gestiscono servizi strategici sotto la gestione diretta di un Polo strategico nazionale (Psn) di natura pubblica
- razionalizzare tutte le altre infrastrutture che gestiscono i servizi ordinari della Pubblica Amministrazione, attraverso la dismissione dei data center obsoleti e la migrazione dei servizi verso data center più affidabili oppure affidandosi a servizi cloud di mercato qualificati da AgID
- l’adozione del Modello del Cloud della PA.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it