La guerra in Ucraina potrebbe subire una svolta drammatica entro i prossimi 12-18 mesi se non arriveranno nuovi aiuti massicci dagli Stati Uniti: il monito è lanciato dall’analista neoconservatore Robert Kagan.


Secondo Kagan il morale delle forze ucraine è già in calo sotto i continui attacchi missilistici e con droni da parte della Russia, aggravati dall’incertezza sul futuro supporto americano.

La questione principale resta se Washington continuerà a garantire un sostegno decisivo a Kiev. La risposta potrebbe determinare il futuro dell’Ucraina e, più in generale, gli equilibri geopolitici globali.

E il contesto politico negli Stati Uniti sta rapidamente cambiando. Il presidente eletto Donald Trump ha più volte dichiarato di voler porre fine al conflitto il prima possibile. Durante la sua campagna elettorale, Trump ha sostenuto che la guerra non sarebbe mai iniziata se lui fosse stato alla Casa Bianca. Inoltre, ha promesso nella sua ultima conferenza stampa che, in caso di rielezione, avrebbe risolto la crisi ucraina “in sole 24 ore”. Di fronte alla domanda su quale fosse il suo obiettivo, Trump ha evitato di parlare in termini di vincitori o vinti, sottolineando invece la necessità di fermare la perdita di vite umane, sia ucraine che russe.

Chi è Robert Kagan?

Robert Kagan, oltre a essere una figura centrale nel panorama neoconservatore americano, è noto per il suo sostegno a un ruolo dominante degli Stati Uniti sulla scena internazionale. La sua influenza deriva anche dai legami personali con Victoria Nuland, ex vice-consigliere per la sicurezza nazionale e attualmente figura chiave nella politica estera americana. Insieme, i due rappresentano una visione fortemente interventista, che sostiene l’idea di un’America leader globale attraverso un utilizzo assertivo della diplomazia e della forza militare.

Kagan è anche uno dei fondatori del Project for the New American Century (PNAC), un think tank neoconservatore che ha avuto un ruolo significativo nella promozione della guerra in Iraq e di altre iniziative militari post-11 settembre. Questo centro di analisi ha sostenuto apertamente l’idea che la supremazia degli Stati Uniti debba essere preservata a ogni costo, anche attraverso interventi diretti in contesti di conflitto.

L’analisi di Robert Kagan

Kagan, una delle voci più autorevoli tra i neoconservatori statunitensi, ha messo in luce come le previsioni di Washington sul presunto collasso economico della Russia si siano rivelate tutt’altro che accurate. La sua analisi sulla guerra in Ucraina riflette questa prospettiva: il continuo sostegno a Kiev viene visto come una componente essenziale per mantenere l’influenza americana e contenere la Russia, ma allo stesso tempo mette in evidenza le debolezze strategiche e le difficoltà nell’implementazione delle politiche statunitensi.

Le sanzioni occidentali, progettate per essere “devastanti”, non sono riuscite a piegare l’economia russa come auspicato. Mosca, invece, ha dimostrato una sorprendente capacità di adattamento: ha diversificato i suoi canali commerciali, stabilendo nuovi legami economici con paesi emergenti e potenze asiatiche, e ha trovato modi alternativi per gestire le esportazioni di petrolio e gas, principali fonti di reddito del paese.

L’efficienza russa nell’eludere le sanzioni ha evidenziato i limiti delle misure punitive adottate dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Da un lato, l’embargo occidentale ha spinto il Cremlino a stringere rapporti più solidi con nazioni come Cina, India e Turchia, che sono diventate i principali acquirenti di petrolio russo a prezzi scontati. Dall’altro, Mosca ha rafforzato il proprio sistema finanziario interno, riducendo la dipendenza dal dollaro e promuovendo l’uso del rublo e di altre valute locali nei commerci internazionali.

Le sanzioni alla Russia non sono efficaci?

Questo scenario ha messo in discussione l’efficacia della strategia sanzionatoria, tradizionalmente uno strumento di pressione geopolitica degli Stati Uniti. Secondo Kagan, l’incapacità di prevedere e contrastare questa resilienza economica russa riflette un approccio eccessivamente ottimistico da parte di Washington, che ha sottovalutato la capacità del Cremlino di reagire e adattarsi.

Parallelamente, Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, ha respinto con fermezza le affermazioni del presidente eletto Donald Trump, il quale aveva promesso di risolvere il conflitto ucraino “in sole 24 ore”. Peskov ha definito il problema “troppo complesso” per una soluzione così rapida, sottolineando le profonde divergenze tra le parti in causa e l’impatto delle tensioni geopolitiche globali.

Ucraina, il peso del conflitto senza il sostegno degli Stati Uniti

La possibilità che l’Ucraina riesca a sostenere il conflitto con la Russia senza il continuo appoggio degli Stati Uniti appare altamente improbabile. Secondo Kagan Kiev potrebbe cedere nel giro di 12-18 mesi se non riceverà nuovi e significativi aiuti da Washington. La dipendenza ucraina dagli Stati Uniti non è solo economica ma soprattutto militare, con il Pentagono che ha fornito armamenti avanzati, sistemi di difesa e intelligence, indispensabili per contrastare le offensive russe.

Dal 2022, gli Stati Uniti sono stati il principale fornitore di aiuti militari e finanziari all’Ucraina. Questo sostegno ha incluso sistemi di difesa aerea come i Patriot, munizioni di precisione e carri armati moderni, che hanno permesso alle forze ucraine di mantenere il fronte e lanciare controffensive mirate. Senza questi aiuti, l’Ucraina non solo perderebbe la capacità di respingere i massicci attacchi russi, ma vedrebbe gravemente compromessa la sua difesa territoriale, esponendo città strategiche a una probabile conquista russa.

A livello economico, il quadro è altrettanto delicato. L’economia ucraina, devastata dalla guerra, è sopravvissuta principalmente grazie ai fondi internazionali, gran parte dei quali provenienti dagli Stati Uniti. Tali risorse hanno consentito al governo di Kiev di pagare stipendi, mantenere i servizi essenziali e sostenere la popolazione civile durante il conflitto. La mancanza di finanziamenti metterebbe in ginocchio un sistema già in difficoltà, accentuando la crisi umanitaria e alimentando la sfiducia nei confronti della leadership ucraina.

Senza gli Stati Uniti, quali alternative?

Se gli Stati Uniti dovessero ridurre o cessare il loro supporto, l’Ucraina si troverebbe costretta a cercare altre fonti di aiuto, principalmente dall’Europa. Tuttavia, i paesi europei, pur avendo incrementato i loro contributi, non dispongono delle stesse risorse economiche e militari di Washington. Inoltre, le divisioni politiche all’interno dell’Unione Europea e l’esitazione di alcuni Stati membri nel confrontarsi direttamente con Mosca rappresentano un ulteriore ostacolo.

Un’altra possibile opzione per Kiev potrebbe essere quella di ricorrere a una diplomazia più aggressiva, cercando compromessi con la Russia per mettere fine al conflitto. Tuttavia, questa strada implicherebbe probabilmente pesanti concessioni territoriali e politiche, una soluzione che difficilmente verrebbe accettata dal popolo ucraino e dalla sua leadership.

Il futuro di Kiev appeso a un filo

La dipendenza dell’Ucraina dal sostegno americano rende il suo futuro estremamente incerto. Senza un intervento continuativo e consistente degli Stati Uniti, sia a livello militare che economico, Kiev potrebbe perdere rapidamente la capacità di difendersi e mantenere un equilibrio interno. La pressione politica internazionale potrebbe spingere verso un accordo di pace, ma questo potrebbe risultare fortemente sfavorevole per l’Ucraina, consolidando i guadagni territoriali della Russia e minando ulteriormente l’indipendenza del paese.