Secondo le regole stabilite del CIO pochi mesi fa le bandiere russe sono bandite dalle Olimpiadi di Parigi 2024: scopriamone le motivazioni e quali conseguenze sta avendo questa scelta.


Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha recentemente stabilito le condizioni per la partecipazione degli atleti russi e bielorussi alle imminenti Olimpiadi di Parigi, che suscitano dibattiti e critiche accese.

Perché le bandiere russe sono bandite dalle Olimpiadi 2024?

Le regole stabilite dall’esecutivo di Losanna consentono a un contingente limitato di atleti russi (massimo 54) e bielorussi (massimo 28) di partecipare ai Giochi Olimpici di Parigi sotto la bandiera neutrale. Questi atleti non possono portare la bandiera nazionale né ascoltare l’inno nazionale in caso di vittoria, simboleggiando così la loro partecipazione non associata a una specifica nazione.

La decisione del Comitato Olimpico Internazionale di permettere agli atleti russi e bielorussi di competere sotto lo status neutrale, senza la possibilità di esibire simboli nazionali come bandiere e inni durante le Olimpiadi, rappresenta una risposta diretta alle tensioni geopolitiche scaturite dall’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Questo evento ha innescato una serie di reazioni internazionali, tra cui l’esclusione degli atleti russi e bielorussi da diverse competizioni sportive globali.

La controversia si amplifica ulteriormente per quanto riguarda la partecipazione alla cerimonia di apertura delle Paralimpiadi, dove anche gli atleti russi e bielorussi saranno obbligati a partecipare senza rappresentare la propria nazione attraverso bandiere o inni nazionali.

L’obiettivo dichiarato di queste misure è separare lo sport da considerazioni politiche e di evitare che le competizioni olimpiche siano strumentalizzate per fini nazionali o propagandistici. Tuttavia, la reazione negativa da parte di atleti e osservatori indica che la questione va oltre la semplice politica e tocca il cuore stesso dello spirito olimpico, che celebra l’unità nella diversità e l’orgoglio nazionale attraverso la competizione sportiva.

Questi sviluppi riflettono una tensione crescente tra gli ideali universali dello sport e la realtà geopolitica, sottolineando la complessità delle relazioni internazionali e la necessità di trovare un equilibrio tra la neutralità sportiva e il rispetto per l’identità nazionale degli atleti partecipanti.

Diversi atleti stanno boicottando i giochi olimpici

Questa restrizione è stata pertanto oggetto di critiche da parte di atleti e sostenitori, che vedono questo gesto come un’ulteriore negazione dell’identità nazionale e culturale degli sportivi coinvolti.

Ad esempio, la tennista russa Anna Nikolajevna Kalinskaja, attualmente al numero 24 nel ranking mondiale e nota anche come fidanzata del tennista italiano Jannik Sinner, ha annunciato il suo boicottaggio delle Olimpiadi di Parigi. Kalinskaja, insieme ad altri atleti come Andrei Rublev, Karen Kachanov, Daria Kasatkina e Liudmila Samsonova, ha deciso di non partecipare in segno di protesta contro le restrizioni imposte dal CIO.

Questi atleti, pur avendo ottenuto l’ammissione alle Olimpiadi, hanno espresso il loro dissenso per il fatto di dover competere senza poter rappresentare il proprio paese con la bandiera o l’inno nazionale, considerando questa imposizione una limitazione significativa della loro espressione identitaria e nazionale.

Perché l’esclusione dei simboli nazionali russi è particolarmente controversa?

L’esclusione dei simboli nazionali, come bandiere e inni nazionali, dai Giochi Olimpici è una decisione controversa che solleva questioni profonde riguardo all’identità nazionale degli atleti e al ruolo dello sport nell’arena internazionale.

Inizialmente, va sottolineato che le Olimpiadi hanno sempre rappresentato un momento di celebrazione dell’unità globale attraverso lo sport, un’opportunità per atleti provenienti da diverse nazioni di competere in un contesto di fair play e rispetto reciproco. Tuttavia, le controversie politiche e le tensioni internazionali, come l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, hanno messo a dura prova questa visione di unità.

La decisione del CIO, nelle sue intenzioni, mira a separare lo sport dall’ambito politico, evitando che l’evento sportivo sia strumentalizzato per fini nazionali o propagandistici. Tuttavia, ha anche suscitato un’accesa reazione tra gli atleti interessati, che vedono questa restrizione come una privazione della loro identità nazionale e della possibilità di rappresentare pienamente il proprio paese.

Il gesto di escludere i simboli nazionali ha quindi implicazioni sia pratiche che simboliche. Dal punto di vista pratico, gli atleti neutri possono sentirsi privati di un elemento motivazionale e di supporto emotivo durante le competizioni, essendo privati dei simboli che rappresentano la loro patria. Simbolicamente, questa decisione evidenzia il conflitto tra il desiderio di preservare l’unità sportiva globale e il rispetto per l’autonomia e l’identità delle nazioni coinvolte.

Inoltre, l’esclusione dei simboli nazionali potrebbe avere conseguenze a lungo termine sulle dinamiche delle competizioni olimpiche. Se da un lato può mitigare tensioni geopolitiche e politiche, dall’altro potrebbe indebolire il legame emotivo tra gli atleti e i loro paesi di origine, influenzando il coinvolgimento dei tifosi e l’interesse pubblico nelle Olimpiadi stesse.

Infine, la questione solleva anche interrogativi più ampi sull’etica nello sport e sul ruolo che gli eventi sportivi globali dovrebbero giocare nel promuovere valori universali di pace, tolleranza e solidarietà. Mentre il CIO cerca di navigare tra queste complesse considerazioni, è chiaro che l’esclusione dei simboli nazionali rappresenta un compromesso delicato tra l’idealismo olimpico e la realtà geopolitica del nostro tempo.


Fonte: articolo di Milena Fortis