Con il nuovo disegno di legge approvato dal parlamento, militari e polizia di frontiera potranno ricorrere all’uso delle loro armi in determinate circostanze. Nonostante la misura incontri un notevole sostegno sia tra i vertici del Paese che tra la popolazione, non mancano comunque critiche dal punto di vista dei diritti umani.
La “difesa dei confini”
Lo scorso 26 luglio, il parlamento polacco ha approvato un controverso disegno di legge riguardante la sicurezza al confine. In base a quanto disposto dal progetto, le forze dell’ordine – militari e non – di stanza sulla frontiera potranno ricorrere all’uso di armi da fuoco “qualora la loro vita, salute o libertà fossero messe a repentaglio nel corso di un attacco diretto all’integrità dei confini nazionali”. Il tema della sicurezza dei confini è diventato sempre più centrale nelle politiche di Varsavia nel corso degli ultimi anni: dal 2021, il numero di migranti irregolari in arrivo dalla Bielorussia è infatti aumentato esponenzialmente, provocando delle profonde frizioni fra i due governi. La Polonia accusa infatti il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko e il suo omologo russo e alleato Vladimir Putin di utilizzare i migranti come strumento di “guerriglia ibrida” per destabilizzare il Paese, imputazione che entrambi i capi di stato hanno negato a più riprese. Il governo polacco ha quindi progressivamente adottato una linea sempre più dura rispetto ai migranti, fortificando il confine con recinzioni e filo spinato e arrivando anche a scontrarsi con il Parlamento Europeo lo scorso aprile a causa di riserve sul Patto per la migrazione e l’asilo dell’UE. Nell’ultimo mese si sono inoltre verificati diversi incidenti lungo il confine: un militare di 21 anni è rimasto ucciso da una coltellata nel corso di una colluttazione, mentre tre soldati hanno esploso colpi di avvertimento verso alcuni migranti che cercavano di superare i reticolati e sono stati arrestati per questo.
Una controversia più ampia
Negli ultimi anni, questa situazione di crisi ha spinto la Polonia ad adottare misure sempre più drastiche verso i migranti. Il nuovo provvedimento, che rappresenta l’esempio più recente in questa direzione, è stato sostenuto da diverse figure governative: il ministro dell’Interno Tomasz Siemoniak lo ha definito come un “chiaro segnale di sostegno verso le persone che contrastano le aggressioni al confine”, mentre il ministro della Difesa Władysław Kosiniak-Kamysz ha descritto i migranti come “banditi che cercano di attaccare i soldati”. Anche il supporto popolare per il disegno di legge appare estremamente elevato: il sondaggio operato da un istituto locale indica un grado di approvazione dell’86%.
Dall’altra parte vi è però una decisa opposizione da parte di organizzazioni internazionali e attivisti per i diritti umani. Il Consiglio d’Europa ha inviato due lettere a Varsavia, esprimendo preoccupazione per i rimpatri sommari di migranti e per la nuova norma in quanto contraria ai suoi standard sui diritti umani. In particolare, i testi si soffermano sul rischio di non poter indagare adeguatamente eventuali incidenti riguardanti le armi da fuoco una volta entrata in vigore la proposta. Diverse organizzazioni non governative hanno poi criticato il governo pro-Europa di Donald Tusk per avere adottato delle politiche sull’immigrazione molto vicine a quelle del predecessore, il nazionalista Mateusz Morawiecki. Il governo polacco ha tuttavia risposto alle accuse sostenendo di adottare storicamente una politica di “zero vittime al confine” e di avere sempre concesso asilo a chi lo richiedeva per motivi politici.
Il disegno di legge sarà sottoposto nei prossimi giorni al presidente Andrzej Duda per l’approvazione definitiva. Secondo i dati ufficiali dello stato, dall’inizio dell’anno si sono verificati oltre 17.000 tentativi irregolari di attraversamento del confine, mentre dal 2021 ad oggi 130 migranti hanno perso la vita sul confine bielorusso a causa delle condizioni climatiche estreme.
Fonte: articolo di Giovanni Benedetti