Giacomo Passeri, un italiano di 31 anni residente a Londra, è in stato di detenzione al Cairo in Egitto da quasi un anno: la famiglia lancia l’appello sulla sua situazione attualmente critica.


L’uomo è stato arrestato il 23 agosto 2023 mentre si trovava in Egitto. Le accuse contro di lui da parte delle autorità locali sono pesanti, e includono il possesso e il traffico di droga, nonché il presunto coinvolgimento in un’attività di spaccio locale.

La famiglia sta lottando con tutte le sue forze per aiutare questo ragazzo, che secondo le sue testimonianze e quelle di amici e parenti sta subendo un regime di detenzione molto duro, al limite della tortura.

Il caso Giacomo Passeri, detenuto in Egitto da quasi un anno

Il suo caso giuridico è stato segnato da significativi ritardi: le udienze sono state frequentemente rinviare e ci sono state difficoltà nel garantire l’assistenza di interpreti. La prossima udienza è programmata per settembre. Per la sua difesa, Giacomo Passeri può contare su un avvocato egiziano, il cui compenso di 30.000 euro è stato raccolto attraverso una campagna di finanziamento organizzata dal fratello, Andrea.

Passeri ha scritto poche lettere alla sua famiglia, descrivendo condizioni disperate e affermando di essere stato vittima di maltrattamenti. Ha riportato di essere stato torturato, di essere stato tenuto in condizioni igieniche inaccettabili, e di essere stato trasferito in celle sovraffollate con detenuti accusati di crimini gravi. Ha anche affermato di essere stato sottoposto a un’operazione d’appendicite senza il necessario follow-up medico.

E adesso il caso arriva anche in Parlamento: il vicecapogruppo di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera, Marco Grimaldi, ha presentato un’interrogazione sulla vicenda sottolineando che dal 28 agosto 2023 la famiglia non riesce più ad avere contatti diretti con il 31enne.

La famiglia di Passeri ha lottato infatti per mantenere il contatto con lui: non sono riusciti a vederlo o sentire la sua voce dall’agosto scorso. Nonostante i loro sforzi tramite l’Ambasciata italiana al Cairo e attraverso l’assistenza legale locale, i contatti sono stati praticamente nulli. Recentemente, hanno fatto richiesta di visita tramite l’ambasciata e stanno cercando di organizzare una videochiamata per verificare le condizioni attuali di Giacomo.

I precedenti di detenzione e tortura in Egitto: i casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki

Hanno fatto scalpore negli ultimi anni alcuni casi da “manuale” per le accuse di tortura e detenzione illegale di nostri connazionali nel paese egiziano, due su tutti quelli di Giulio Regeni e di Patrick Zaki.

Giulio Regeni

Giulio Regeni, un giovane ricercatore italiano di 28 anni, è stato rapito il 25 gennaio 2016 a Il Cairo, Egitto, mentre svolgeva ricerche per il suo dottorato in sociologia presso l’Università di Cambridge. Il suo corpo è stato ritrovato nove giorni dopo, il 3 febbraio, in un fosso ai margini di una autostrada, a circa 80 chilometri dal centro della città. Il corpo di Regeni presentava segni evidenti di tortura estrema: bruciature, fratture, lividi e segni di elettroshock, oltre a essere stato mutilato. L’autopsia ha rivelato che era stato torturato per giorni prima di morire.

La sua morte ha scosso l’Italia e ha sollevato forti sospetti sulla responsabilità delle autorità egiziane. Inizialmente, le autorità egiziane hanno negato qualsiasi coinvolgimento, sostenendo che Regeni era stato vittima di un incidente stradale o di criminalità comune. Tuttavia, le prove raccolte durante le indagini internazionali e italiane hanno indicato un coinvolgimento diretto di elementi delle forze di sicurezza egiziane.

Le indagini ufficiali egiziane sono state criticate per la mancanza di trasparenza e per non aver fornito risposte soddisfacenti. Le autorità italiane hanno insistito sulla necessità di cooperazione piena e trasparente da parte delle autorità egiziane, ma le richieste di accesso agli atti investigativi e alle prove sono state in gran parte ignorate.

Il caso di Giulio Regeni ha attirato l’attenzione internazionale e ha portato a una crescente pressione diplomatica sull’Egitto da parte dell’Italia e di altri paesi europei. La comunità internazionale e le organizzazioni per i diritti umani continuano a chiedere giustizia per Giulio Regeni e la fine dell’impunità per i responsabili di questo grave crimine.

Patrick Zaki

Patrick Zaki, un giovane attivista egiziano e studente dell’Università di Bologna, è stato arrestato il 7 febbraio 2020 mentre si trovava in Egitto durante una visita familiare. Le autorità egiziane hanno accusato Zaki di “diffondere false notizie” e “incitamento al disordine”, in un contesto di crescente repressione verso attivisti e critici del governo.

Durante la sua detenzione, Patrick Zaki è stato sottoposto a condizioni critiche e sono emerse accuse credibili di tortura. È stato rinchiuso in una prigione dove le sue condizioni di salute e il suo benessere erano motivo di grave preoccupazione per la sua famiglia e per gli organismi internazionali per i diritti umani.

Il suo caso ha attirato l’attenzione globale e ha portato a una campagna internazionale per la sua liberazione immediata e per garantire che ricevesse un processo equo e trasparente. Dopo circa due anni di detenzione, il 7 dicembre 2021, Zaki è stato temporaneamente rilasciato su ordine della Corte di Cassazione egiziana, con la condizione che il processo continuasse. Il giorno successivo, tuttavia, è stato nuovamente condannato a tre anni di carcere.

Tuttavia, il 18 luglio 2023, è stata emessa una sentenza definitiva che ha confermato la condanna di Zaki. Fortunatamente, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha concesso la grazia a Zaki il giorno successivo, il 19 luglio 2023, ponendo fine al procedimento giudiziario. La decisione della grazia è stata accolta con sollievo e celebrazioni dalla famiglia di Zaki, dagli amici e dai sostenitori della libertà di espressione e dei diritti umani.