Israele ha ripreso i bombardamenti sulla Striscia di Gaza rompendo la tregua e allontanando il processo di pacificazione nella zona di guerra: i raid hanno provocato la morte di oltre 400 persone, secondo quanto riferito dal ministero della Sanità locale, controllato da Hamas.


La nuova escalation nel conflitto israelo-palestinese solleva nuovamente interrogativi sulla possibilità di una soluzione diplomatica e sulle ripercussioni umanitarie di un conflitto che continua a mietere vittime civili.

L’offensiva arriva dopo il fallimento delle trattative per il rilascio degli ostaggi detenuti dal gruppo armato palestinese e segna la fine di una relativa tregua durata quasi due mesi.

Israele rompe la tregua: riprendono i bombardamenti a Gaza

Il governo israeliano ha dichiarato che l’operazione mira a colpire obiettivi strategici di Hamas, con l’obiettivo di ottenere la liberazione degli ostaggi, vivi o morti. “D’ora in avanti Israele intensificherà l’uso della forza contro Hamas“, ha annunciato l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu.

Oggi a mezzogiorno, il ministero della Sanità di Gaza ha denunciato almeno 404 vittime nei nuovi attacchi israeliani. Le immagini diffuse dal territorio mostrano ospedali sovraffollati, con corpi allineati a terra mentre i feriti continuano ad arrivare.

La ripresa dei bombardamenti rappresenta per Israele la diretta conseguenza della mancata collaborazione di Hamas, che respingerebbe ogni proposta di mediazione avanzata dagli Stati Uniti e dagli intermediari internazionali.

Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha avvertito che se il gruppo armato non rilascerà tutti gli ostaggi, “Gaza conoscerà l’inferno e i membri di Hamas affronteranno la potenza dell’IDF come mai prima d’ora“. Katz ha ribadito che le operazioni militari continueranno fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi di guerra.

Drammatiche conseguenze umanitarie

L’attacco israeliano sulla Striscia di Gaza ha avuto conseguenze devastanti per la popolazione civile, aggravando una crisi umanitaria già insostenibile. Con oltre 400 morti in poche ore, ospedali al collasso e un numero imprecisato di dispersi sotto le macerie, il prezzo pagato dai civili è altissimo.

Gaza, già stremata da anni di blocco e precedenti conflitti, si trova ancora una volta nuovamente sull’orlo del baratro. Le strutture sanitarie, sovraffollate e prive di risorse, faticano a gestire l’afflusso di feriti. I blackout elettrici, la carenza di acqua potabile e la scarsità di medicinali rendono quasi impossibile prestare soccorso ai sopravvissuti.

Gli attacchi hanno colpito non solo obiettivi militari, ma anche aree densamente abitate, scuole e mercati, aumentando il numero di vittime tra donne e bambini. Le famiglie, terrorizzate e prive di un rifugio sicuro, cercano riparo tra le macerie o in edifici già sovraffollati.

La fine della tregua: una scelta scellerata

La decisione di Israele di riprendere i bombardamenti, spezzando un cessate il fuoco che aveva portato una temporanea riduzione delle ostilità, appare una scelta irresponsabile. Invece di intensificare gli sforzi diplomatici per la liberazione degli ostaggi e il raggiungimento di una soluzione sostenibile, il governo israeliano ha optato per una dimostrazione di forza che rischia solo di alimentare un ciclo infinito di violenza.

Questa escalation non solo allontana ogni prospettiva di pace, ma getta benzina sul fuoco del risentimento e della disperazione, spingendo ancora più persone verso la radicalizzazione. Ogni nuova vittima civile, ogni casa distrutta, ogni vita spezzata semina odio e riduce le possibilità di una convivenza futura tra i due popoli.

Pressioni internazionali e reazioni

Durante il fine settimana, l’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff, ha ammonito Hamas sulla necessità di liberare gli ostaggi ancora in vita per evitare gravi conseguenze.

Anche il Consiglio per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti ha sottolineato che la possibilità di prolungare la tregua dipendeva da Hamas, che invece avrebbe scelto lo scontro.

Nel frattempo, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha confermato che l’amministrazione Trump risulta informata da Israele riguardo alle operazioni in corso.

Il peso delle responsabilità internazionali

Mentre Israele procede con la sua offensiva, la comunità internazionale osserva con una preoccupazione che, fino ad ora, non si è tradotta in un’azione concreta. Con l’avallo degli Stati Uniti e il silenzio di molti Paesi occidentali carta bianca a Israele: si consolida così un modello di impunità che si ripete ad ogni nuova ondata di violenze.

Questa nuova fase del conflitto dimostra, ancora una volta, come la logica della guerra e della vendetta prevalga su qualsiasi tentativo di dialogo. Ma a pagare il prezzo di questa scelleratezza sono sempre i civili: persone comuni, che non hanno scelto questa guerra e che vedono le proprie vite ridotte in polvere sotto le bombe.