All’indomani delle elezioni europee, sono i giorni delle strategie e dei ‘pesi’ politici a Strasburgo e a Bruxelles. Giornate nelle quali le notizie e le cronache riportano principalmente di manovre ‘politiche’.


Ma come tutti sappiamo, la centralità dell’Unione Europea in merito a normative, leggi e riflesso sulla vita quotidiana dei cittadini e degli Enti territoriali è ormai riconosciuta a ogni livello. Tra i temi più caldi, sicuramente quelli legati all’ambiente, agricoltura e alimentazione.

Le sfide per l’Europa e per l’Italia: il manifesto di Slow Food

A questo proposito, prima delle elezioni dell’8 e 9 giugno scorso l’Associazione Slow Food Italia ha diffuso un manifesto strutturato in 12 punti, l’ha sottoposto ai candidati ma anche alle istituzioni che governano i territori a livello nazionale e locale all’attenzione di tutto il nuovo esecutivo.  Non si tratta soltanto di princìpi-guida, ma di una vera e propria bussola da seguire per orientare le scelte da prendere. I temi trattati vanno dalla biodiversità, all’agroecologia, passando per la richiesta di una seria politica di educazione alimentare. Lo spirito del Manifesto traspare chiaramente dall’incipit di Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia che afferma: “È tempo che l’Unione europea imbocchi senza ulteriori retromarce, dopo quelle registrate negli ultimi mesi sul Green Deal, la strada verso un modello di produzione alimentare che non affami il pianeta, ma garantisca un futuro di pace e prosperità al vivente tutto. Un modello che non è utopia.” Slow Food è un grande movimento internazionale. Fondato nel 1986 in Italia, Slow Food è oggi una rete di APS nella nostra nazione e oltre 190 paesi nel mondo, impegnato a promuovere il diritto al piacere e a un cibo buono, pulito e giusto per tutte e tutti, come parte della ricerca della prosperità e della felicità per l’umanità attuale e futura e per l’intera rete del vivente.

Un appello all’Europa, dalla rete internazionale e quella italiana, che ricorda come senza un reale Green Deal gli obiettivi dell’agenda europea 2030 non si potranno mai raggiungere. Slow Food richiama l’interconnessione degli spazi agricoli e la necessità di omogenizzare il più possibile la normativa Europea e quella degli stati dell’unione.

L’Europa che vorremmo rifiuta gli Ogm e i brevetti, perché il cibo è un diritto e non soltanto una merce. L’Europa che vorremmo interrompe la corsa al gigantismo (con monocolture sempre più estese, allevamenti industriali sempre più grandi, centri commerciali che si moltiplicano, piccole aziende che chiudono, paesi che si spopolano) e punta sulla biodiversità (agricola e culturale), su un’economia diffusa, che non marginalizzi le terre alte e che produca benessere.” si legge nel manifesto.

Chiarezza e trasparenza per il consumatore

Altra criticità è quella di chiarezza e trasparenza per il consumatore, dove le norme Europee stanno continuando a procedere per tentativi, come accaduto per la bocciatura del sistema ‘nutrsiscore’. “L’Europa che vorremmo è un’Europa che mette i suoi cittadini nelle condizioni migliori per compiere le scelte di acquisto: ad esempio, indicando in etichetta le tecniche di coltivazione, la tipologia di allevamento, i metodi di trasformazione.” Si legge ancora nel Manifesto insieme ad un forte richiamo alla trasparenza: in tema di trasparenza, Slow Food Italia chiede all’Europa di adottare clausole specchio per far sì che i cibi importati all’interno dell’Unione europea rispettino le stesse regole – più stringenti – osservate dai produttori europei. Ancora forte il richiamo a tutti quei cibi provenienti da fuori l’Unione Europea, norme per i quali i singoli stati, da soli, possono fare poco. “Norme che hanno importanti riflessi sulla salute dell’uomo, degli animali, delle piante, dell’ambiente: riguardano, ad esempio, le varietà geneticamente modificate, l’uso di pesticidi nei campi, la somministrazione di antibiotici e ormoni negli allevamenti. Limitazioni sacrosante, ma che incomprensibilmente oggi l’Ue applica soltanto ai produttori interni e non al cibo che viene importato.

Laddove la grande opinione pubblica si è mossa ad esempio contro le farine di insetti, slow food riporta l’attenzione su cereali e riso trattato con insetticidi e fungicidi da noi vietati da anni, carne bovina ottenuta da animali allevati senza il rispetto di alcuno standard di benessere e alimentati persino con farine di carne e ossa di ruminanti. Alimenti che, ogni giorno, finiscono nei nostri piatti e che slow food si augura, ma forse anche tutti noi dovremmo, che l’Europa e poi i territori si impegnino a non rendere più possibile che accada.


Fonte: articolo di Rossella Angius